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OTTIMA SPIEGAZIONE TRASCRITTA PERFETTAMENTE SU DETTO ISTITUTO
Tipologia: Esquemas
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S OMMARIO : 1. L'istituto della Kafala e prospettive di attuazione in Italia – 2. La Kafala nei paesi islamici ed in Europa – 3. La disciplina prevista dalle Convenzioni Europee e le decisioni delle Corti Italiane – 4. Terza variazione: la designazione dell’amministratore di sostegno in previsione della propria incapacità. – 5. Segue: designazione effettuata dall’interessato, designazione “negativa”, designazione ad opera del genitore superstite e ruolo del notaio. – 6. Segue: la pubblicità dell’atto. – 7. Considerazioni conclusive.
(^1) I coniugi attraverso la kafalah (ma l'istituto può trovare esplicazione anche quando il rapporto nasce
monogenitorialmente), s'impegnano davanti ad un giudice, a provvedere alle esigenze di vita di un makful ( minore abbandonato ); questi non entrerà a far parte giuridicamente della famiglia che lo accoglie e non acquisisce né il nome né tanto meno i diritti ereditari del kafil (ad eccezione del caso in cui non sia egli stesso, attraverso una dichiarazione testamentaria, ad inserire il makful nel proprio testamento, equiparandolo ad uno dei suoi eredi). (^2) Il divieto coranico dell'adozione, trova origine da un episodio (verso 37) della vita di
Maometto. Zayd b Muhammad è il figlio adottivo di Maometto, appartenente ad una tribù siriana insediata nell'area di Dumat al-Jandal, lungo la frontiera siro-arabica; Zayd fu acquistato come schiavo da Khadija, moglie di Maometto, che lo regalò al marito prima che egli ricevesse la prima Rivelazione coranica. Entrando in casa del figlio adottivo, Maometto fu turbato dalla bellezza della nuora che, nell'intimo della casa e intenta alle faccende, era alquanto discinta. Il mostrarsi ai parenti con cui esisteva un preciso interdetto matrimoniale era fatto perfettamente legittimo ma Zaynab si accorse del
rigidamente ancorato alla generazione biologica poiché la famiglia è di origine divina, mentre la filiazione è esclusivamente espressione della volontà di Dio e pertanto, la persona umana non possiede le facoltà di costituire artificialmente tale rapporto. Siffatto orientamento viene avvalorato dalla considerazione che vuole il rapporto di filiazione sorto e sviluppato esclusivamente all'interno di un legame lecito tra i genitori, infatti, al diritto islamico è sconosciuta anche la nozione di filiazione illegittima, con la conseguenza che gl' istituti preposti alla tutela di questo specifico fenomeno mancano del tutto. E' proprio nell'ambito della categoria dei rapporti di filiazione naturale che si evidenzia, in modo significativo, il raffronto con gli istituti estranei alla tradizione giuridica di diritto familiare occidentale. Istituto del diritto islamico positivo, la kafala trova ispirazione nel principio coranico in base al quale ogni buon mussulmano è tenuto ad aiutare i bisognosi, in particolare gli orfani. Presupposti dell'applicazione dell'istituto sono la dichiarazione d'abbandono del minore e l'accertamento dell'identità dell'aspirante kafil.^3 Particolarmente diffusa nei paesi islamici è la kafala consensuale, basata su di un accordo tra la famiglia d’origine e quella d’accoglienza, siglato davanti ad un giudice od un notaio. Secondo la legge marocchina (art. 2 legge del Regno del Marocco n. 15.01 relativa alla “ kafalah di minori abbandonati”promulgata con dahirn. 1-02-172 del 136/2002, in Long, 2010, 836) il kafil è tenuto a “farsi carico della protezione, dell’educazione e del mantenimento di un minore abbandonato, esattamente come farebbe un genitore con il proprio figlio”. Tale particolarità rende in modo chiaro molto simile agl'istituti di tutela occidentale, la nuova legge Marocchina. Il kafil infatti, attraverso un provvedimento giudiziale viene nominato tutore del minore con annotazione della kafalah nel suo atto di nascita. Nella kafalah consensuale, l’omologazione giudiziale è facoltativa e può essere richiesta successivamente al sorgere del vincolo e comunque dalle coppie sposate da tre anni, di religione mussulmana, socialmente e moralmente idonee; le coppie straniere invece, hanno l'onere di sottoporsi alla prova della confessione islamica.
sentimento provato dal Profeta e ne parò al marito. Questi la ripudiò immediatamente per lasciar libero Maometto di agire. Il divieto di contrarre matrimonio in presenza di vincoli parentali stretti, ivi compresa la "parentela" acquisita per adozione (era escluso il solo caso del "matrimonio preferenziale" tra cugini), fu superato da una Rivelazione divina che dichiarava la parentela adottiva non assimilabile in tutto e per tutto alla parentela agnatizia, cosicchè Maometto e Zaynab ebbero la possibilità di sposarsi. (^3) Il kafil deve essere maggiorenne, appartenere alla religione islamica, avere la capacità di far
fronte alle responsabilità che derivano dall’impegno di protezione assunto. In ogni caso la kafala è revocabile e termina con il raggiungimento della maggiore età del makful.
dell'adottante senza sostituirlo, ma anteponendolo al proprio e conservando tutti i diritti e doveri verso la sua famiglia d'origine.^5
(^5) Cfr. Gelli "La Kafala di diritto islamico:prospettive di riconoscimento nell'ordinamento
italiano", commento a corte d'Appello di Bari, 16/04/2004 decr. in Famiglia e Diritto. (^6) Così R. CLERICI, "La compatibilità del diritto di famiglia mussulmano con l’ordine pubblico internazionale" , in Fam. e dir ., 2009, p. 208 (^7) M.ORLANDI, " La kafala islamica e la sua riconoscibilità quale adozione", in Dir. Famiglia , 2005, pp 2, 635.
Inquadrare la kafala negli ordinamenti degli stati islamici, appare alquanto normale e scontato, invece, l'innovazione è rappresentata dal tentativo di studiare discipline e strumenti a protezione del minore nell'ambito degli stati europei, al fine di far emergere non solo le similitudini ma anche le diversità, rispetto agli istituti tradizionalmente intesi. Infatti, il Belgio con la legge del 2005, ha introdotto una disciplina specifica per l'adozione dei minori provenienti dai Paesi la cui legge nazionale non conosce o proibisce l'adozione (Art.361-5 codice civile). Ad ogni modo, la procedura per il riconoscimento di un provvedimento di kafala che sia prodromico all'adozione, è rigorosa e implica il verificarsi di determinate condizioni. Gli adottanti infatti, ottenuto il provvedimento d'idoneità, sono tenuti a seguire la procedura e la proposta di abbinamento; esse rappresentano fasi di un iter seguito dall'autorità centrale. Fondamentale è l'assenza di qualunque contatto tra gli adottanti e le persone incaricate della cura del minore, il quale deve essere orfano di entrambi i genitori, destinatario di un provvedimento di abbandono e sottoposto alla tutela dell'autorità pubblica; l'autorità competente dello stato d'origine deve avere previsto una forma di tutela per il minore oltre ad avere autorizzato il trasferimento dello stesso per garantirgli una permanenza stabile all'estero 8. Le autorità competenti, sia quelle belga che del paese d'origine del minore, sono tenute ad approvare per iscritto la decisione di affidarlo all'adottante o agli adottanti. La Spagna ha anticipato il contenuto della Convenzione dell'Aja del 1996 con la legge n. 54/2007 del 28.12.2007 sull'adozione internazionale, dotandosi di norme di riconoscimento dell'istituto della k afala pur sottolineando le inevitabili differenze, sebbene suscettibili di riconoscimento e purché costituite dall'autorità pubblica competente come mezzi di protezione internazionale del minore. Quando l'adozione di un minore viene chiesta da chi possiede la nazionalità spagnola, si realizza un'ipotesi di nazionalità anticipata, in applicazione della legge interna diretta all'adozione di misure di protezione dell'infanzia. Ciò significa che una coppia spagnola può adottare un minore abbandonato che gli sia affidato in kafala, se risulta documentalmente il suo abbandono. Il discorso cambia con riguardo agli stranieri residenti in Spagna e che hanno la nazionalità di un paese che non conosce l'adozione, atteso che la kafala su un minore non orfano non può essere riconosciuta, non potendosi considerare sussistente il consenso all'adozione di chi ha la responsabilità del minore. Il concetto di "nazionalità anticipata" si desume in un certo qual modo, anche dalle norme di diritto internazionale privato in Lussemburgo, le quali hanno condotto i giudici ad applicare una sorta di adozione. Così quando le coppie richiedenti hanno la
(^8) In Marocco tali condizioni sono incluse nel provvedimento di Kafala pronunciato dal tribunale di prima istanza.
E' bene precisare del resto, che l'adozione di un minore in kafala è vietata in Francia solo quando uno o entrambi i coniugi hanno la nazionalità di un paese la cui legge vieti espressamente l'adozione. Al contrario, se essi risiedono in Francia e la loro unione è regolata dal diritto francese, l'adozione può essere pronunciata anche nei confronti di un minore sottoposto a kafala , purché si tratti di minore nato e residente in Francia. Formulare un'eccezione basandosi sul luogo di nascita, genera un'evidente discriminazione ricondotta non alla nazionalità di origine, ma al luogo di nascita. Da tale assunto si evince che l'obiettivo principale è evitare che i minori entrino in Francia, piuttosto che addivenire alla pronuncia dell'adozione nei confronti di coloro rispetto ai quali per origini e cultura, sarebbe preferibile non addivenire mai all'adozione.
(^9) Non va sottaciuto l'importante richiamo alla Kafala, contenuto nella Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia. In tale trattato, infatti, all'art. 20 viene segnatamente statuito che: « 1) Ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto a una protezione e ad aiuti speciali dello Stato;
Il Rapporto esplicativo della convenzione chiarisce, al punto 237, che “il ragazzo che beneficia della kafala non diviene membro della famiglia del kafil ed è
questo il motivo per cui essa non è protetta dalla Convenzione sull‟adozione del 29 maggio 1993”. A tal fine sembrerebbe improprio il riferimento alla kafala che si rinviene nella presentazione della Proposta di legge n. 3739 e che reca segnatamente:“ Ratifica ed esecuzione della Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l‟esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa a L‟Aja il 19 ottobre 1996 ”. Secondo un orientamento maggioritario, la Convenzione del 1996 tratterebbe lo stesso ambito disciplinare del quale si è occupata la Convenzione del 1993^10 ; il ritardo nella ratifica della Convenzione è ben noto alla politica, ma comunque le numerose proposte di legge, giacciono presso le Commissioni, senza il minimo interesse ad addivenire ad una soluzione. 11 Tra i provvedimenti che interessano l'ambito di applicazione della Convenzione, sono inclusi quelli della kafala , come avviene in alcuni paesi islamici tra cui il Marocco, nei cui orfanatrofi e istituti vivono circa 65.000 minori abbandonati. Rientrando nella disciplina annoverata nella Convenzione ONU del 1989, anche la kafala potrà essere riconosciuta per effetto della ratifica della Convenzione stessa potendo finalmente essere regolamentata. Attraverso il monitoraggio dell'autorità centrale è possibile affrontare caso per caso le delicate questioni di compatibilità tra il sistema giuridico italiano e quello
Con quest'ultima c'è stato un vero e proprio révirement nella normativa internazionale in materia d'infanzia, essendo stati introdotti alcuni importanti principi diretti a garantire ai minori e dunque ai loro diritti, una posizione privilegiata all'interno di ciascun sistema giuridico e sociale; tra questi, certamente merita una menzione la centralità della famiglia. Addirittura, l'istituto della kafala all'art.20 della Convenzione sembra trovare una sorta di “legittimazione” internazionale, laddove recita che : “ Ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambito familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello Stato. Gli Stati Parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della kafalah di diritto islamico, dell’adozione o, in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l’infanzia. Nell’effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità dell’educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica ”. La Convenzione dell’Aja del 29.5.1993 nel tutelare i minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, (richiamando espressamente anche la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore del 20 novembre 1989), enuncia gli obiettivi che devono essere realizzati con l’adozione internazionale, attraverso il conseguimento del miglior interesse del bambino ed il rispetto dei suoi diritti fondamentali, creando un sistema di cooperazione tra gli Stati aderenti finalizzato alla realizzazione, con il conseguente riconoscimento delle adozioni realizzate in conformità ai principi espressi nella Convenzione. Per dare loro effettiva attuazione, quest'ultima ha imposto l’obbligo, per ogni Stato ratificante, di creare un’apposita Autorità centrale ed un sistema di enti pubblici e/o privati controllato da tale Autorità, ai quali delegare il compito di coordinare, sorvegliare e realizzare il procedimento adottivo, ponendo il divieto dello svolgimento dell’attività di ricerca del minore sia alle coppie, sia ad intermediari privati. In Italia l’Autorità centrale per l'adozione internazionale è rappresentata dalla Commissione che consente di coordinare l’istituto della kafala islamica con le leggi vigenti nel nostro Paese sulla protezione dei minori. La Corte d’Appello di Ancona però, con una pronuncia dirompente nel novembre 2011, ha riconosciuto il diritto d'ingresso in Italia, attraverso il ricongiungimento familiare, ad un minore in kafala a carico di cittadini italiani. 13
(^13) Il Giudice del reclamo afferma come non possa ignorarsi, nell’ottica di un' interpretazione costituzionalmente orientata e rispettosa dei principi del diritto comunitario in materia, che l’art. 3 comma 2 lett. A) D. Lgs. 30/2007 abbia recepito il testo normativo contenuto nella direttiva 2004/38/CE. Pur rilevando quindi che l’Italia al momento è l’unico Stato a non aver ancora ratificato la Convenzione sulla protezione dei minori adottata all’Aja il 19 Ottobre 1996, deve prendersi atto che detta Convenzione, nel ribadire l’importanza della cooperazione internazionale per la protezione dei minori e nel confermare che il superiore interesse del minore è fondamentale, si è posta come scopo
Con tale pronuncia che stravolge la posizione della Cassazione espressa con la sentenza n. 4868/2010^14 , la Corte d’Appello di Ancona ha fornito una lettura costituzionalmente orientata delle norme sul ricongiungimento familiare contenute nel Testo Unico sull’immigrazione, evidenziando l'interesse preminente del minore, atteso che lo stesso era stato affidato ad una coppia, in virtù non di un accordo privato, ma di un impegno siglato dai coniugi affidatari con lo Stato d’origine, in particolare con l’Amministrazione degli Affari Sociali, Direzione della Famiglia e dell’Infanzia”. Secondo i giudici, la kafala su un minore abbandonato non può ritenersi uno strumento per aggirare le procedure di adozione internazionale, se pronunciata da un’autorità dello Stato d’origine del minore, in quanto per la religione islamica è l’unico strumento possibile per chi voglia impegnarsi nei confronti di un minore abbandonato. Inoltre, nei paesi di tradizione giuridica islamica dove non esiste l’adozione, i minori abbandonati non potrebbero comunque essere dichiarati “adottabili”. Anche la Corte d’Appello di Ancona non ha dimenticato che l’Italia è l’unico Stato europeo a non avere ancora ratificato la Convenzione dell'Aja del 1996, ma ha comunque concluso che “indipendentemente dall’inadempimento da parte dell’Italia, non può non tenersi conto del riconoscimento anche da parte dell’Ordinamento Europeo della kafala quale strumento di protezione dei minori”. Di conseguenza, nella nozione di “familiare”, ai fini del ricongiungimento dall’estero, rientra il minore in kafala “affidato” a cittadini che abbiano anche la cittadinanza italiana. Nonostante il Parlamento italiano non abbia fatto nessun nuovo passo rispetto alla ratifica della Convenzione firmata e benchè i quattro progetti di legge depositati
quello di creare un metodo comune di protezione dei minori, determinando la legge applicabile nell’esercizio delle competenze statali. Essa ha espressamente riconosciuto la Kafala come istituto di protezione dei minori che gli Stati membri devono prendere in considerazione nel disciplinare le modalità attuative dei principi espressi dalla Convenzione medesima, parificandola all’adozione e all’affidamento, strumenti tutti di tutela del fanciullo, nella cui scelta deve tenersi in considerazione la necessità di una certa continuità nell’educazione del minore, nonché la sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica. Ne deriva che, indipendentemente dall’inadempimento da parte dell’Italia nella ratifica della citata Convenzione, non può non tenersi conto del riconoscimento anche da parte dell’Ordinamento Europeo della Kafala quale strumento di protezione dei minori, con le conseguenze che ciò comporta anche all’interno dell’ordinamento nazionale che da detto riconoscimento non può prescindere e con riferimento alla più corretta interpretazione dell’art. 3 D. Lgs. 30/2007, nel senso che laddove la norma parla di “familiari”, certamente devono farsi rientrare nel concetto anche i minori affidati attraverso l’istituto islamico della Kafala. (^14) Secondo l'orientamento della Suprema Corte, il ricongiungimento familiare del minore affidato in base all'istituto della kafala consensuale può avere luogo solo se l'affidatario è un cittadino straniero, mentre se questi possiede anche la cittadinanza italiana, il visto di ingresso per coesione familiare ai sensi della normativa sull'immigrazione non potrà essergli rilasciato, essendo esercitabile soltanto il procedimento di adozione internazionale.
modifiche, regolando uniformemente la materia, introducendo procedure e garanzie analoghe a quelle applicabili per l’adozione internazionale.