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La Riforma del Pensiero: Per una Nuova Educazione, Resumos de Psicologia Experimental

Questo testo di edgar morin esplora la necessità di una riforma del pensiero e dell'insegnamento, che incoraggi la piena autonomia dello spirito e la contestualizzazione dei sapere. Morin critica la scuola tradizionale che isola gli oggetti di studio, separa le discipline e riduce il complesso al semplice, e propone un nuovo spirito scientifico basato su grandi interrogazioni umane come il cosmo, la natura, la vita e l'essere umano.

Tipologia: Resumos

2013

Compartilhado em 24/08/2021

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ISTITUTO COMPRENSIVO “C. LEVI” ROMA
CORSO DI AUTOFORMAZIONE CLASSI QUARTE
a.s. 2010/11
MORIN Edgar
LA TESTA BEN FATTA
Milano, R. Cortina, 2000
A. LA RIFORMA DEL PENSIERO
Sulle pagine di “Repubblica” di qualche anno fa Marco Lodoli, insegnante e scrittore,
si chiedeva:- Cosa sta accadendo nelle menti degli Italiani, come mai ho
l’impressione che lo stordimento, o addirittura una leggera demenza, stiano
soffiando come scirocco in troppi cervelli? Quali sono le cause di questo torpore?- A
queste domande Lodoli rispondeva esplicitando la vera causa di tale passività
mentale, che è da identificarsi nel demone della Facilità.
Si scelgono strade facili, idee facili, soluzioni facili e anche la scuola è incantata dalle
sirene di una facilità che troppo spesso diventa faciloneria quando l’istituzione
scolastica è completamente avulsa dal quotidiano e dal contesto psicosociale
d’appartenenza. Solo la motivazione ad apprendere è la risposta più significativa ed
è per questo che Morin insiste sulla necessità di una RIFORMA DEL PENSIERO e
conseguentemente anche DELL’INSEGNAMENTO, che connoti tale “missione” non in
senso restrittivo, rivolto solo al cognitivo, come trasmissione di conoscenze, ma che
incoraggi l’autodidattica per una piena autonomia dello spirito. La trasmissione dei
contenuti è soppiantata dalla trasmissione della cultura, che ci aiuti nel migliore dei
modi a comprendere la nostra condizione esistenziale e ci apra le porte ad un modo
di conoscere e di vivere consapevole e libero.
Morin, con il suo pensiero sempre più avvalorato dalle problematiche
caratterizzanti il contesto storico-sociale ed economico attuale, approfondisce
l’analisi del prof. Lodoli affermando che un insegnamento frazionato, disciplinare
ignora sia la dimensione globale, frammentandola, sia l’essenziale, dissolvendolo.
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ISTITUTO COMPRENSIVO “C. LEVI” ROMA

CORSO DI AUTOFORMAZIONE CLASSI QUARTE

a.s. 2010/

MORIN Edgar

LA TESTA BEN FATTA

Milano, R. Cortina, 2000

A. LA RIFORMA DEL PENSIERO

Sulle pagine di “Repubblica” di qualche anno fa Marco Lodoli, insegnante e scrittore, si chiedeva:- Cosa sta accadendo nelle menti degli Italiani, come mai ho l’impressione che lo stordimento, o addirittura una leggera demenza, stiano soffiando come scirocco in troppi cervelli? Quali sono le cause di questo torpore? - A queste domande Lodoli rispondeva esplicitando la vera causa di tale passività mentale, che è da identificarsi nel demone della Facilità.

Si scelgono strade facili, idee facili, soluzioni facili e anche la scuola è incantata dalle sirene di una facilità che troppo spesso diventa faciloneria quando l’istituzione scolastica è completamente avulsa dal quotidiano e dal contesto psicosociale d’appartenenza. Solo la motivazione ad apprendere è la risposta più significativa ed è per questo che Morin insiste sulla necessità di una RIFORMA DEL PENSIERO e conseguentemente anche DELL’INSEGNAMENTO, che connoti tale “missione” non in senso restrittivo, rivolto solo al cognitivo, come trasmissione di conoscenze, ma che incoraggi l’autodidattica per una piena autonomia dello spirito. La trasmissione dei contenuti è soppiantata dalla trasmissione della cultura, che ci aiuti nel migliore dei modi a comprendere la nostra condizione esistenziale e ci apra le porte ad un modo di conoscere e di vivere consapevole e libero.

Morin, con il suo pensiero sempre più avvalorato dalle problematiche caratterizzanti il contesto storico-sociale ed economico attuale, approfondisce l’analisi del prof. Lodoli affermando che un insegnamento frazionato, disciplinare ignora sia la dimensione globale , frammentandola, sia l ’essenziale , dissolvendolo.

Pertanto bisogna tener conto della globalità perché essa rappresenta la sfida alla complessità, la quale non si traduce in difficoltà, ma rappresenta il tessuto interdipendente, interattivo e inter-retroattivo della realtà e delle sue parti.

L’intelligenza quindi deve adeguarsi alla multidimensionalità considerando i problemi, le grandi tematiche nel contesto e nel complesso planetario. Invece la scuola isola gli oggetti di studio, separa le discipline, disgiunge i problemi, riduce il complesso al semplice, slegando ciò che è interconnesso; ed è naturale che in queste condizioni i giovani perdono le loro attitudini naturali a contestualizzare i saperi, principio basilare della CONOSCENZA PERMANENTE.

Dietro la sfida del globale e del complesso c’è l’espansione incontrollata dei saperi. Sempre di più la proliferazione di informazioni sfugge al controllo umano e le conoscenze frammentate servono solo per utilizzazioni tecniche ma non riescono a coniugarsi per creare e nutrire un pensiero che possa affrontare le grandi sfide del

nostro tempo. In realtà la conoscenza è tale solo in quanto informazione

organizzata, interconnessa e contestualizzata.

Tre sono le grandi sfide, utili a capire le cause determinanti la valorizzazione della cultura e quindi della Scuola:

  • La sfida culturale : dalla frammentazione deriva una divisione della cultura in due monoliti contrapposti: quello umanistico e quello scientifico.
  • La sfida sociologica : il pensiero diventa il capitale più prezioso per l’individuo e per la società.
  • La sfida civica : l’indebolimento di una percezione globale riduce la forza del senso di responsabilità, ciascuno risponde del proprio compito specializzato

RIFLETTIAMO INSIEME : Ci piace pensare e affidare le sorti del nostro pianeta Terra a futuri uomini, da noi formati e cresciuti con la convinzione che la conoscenza sia unidirezionale e legata ora alla supremazia delle scienze ora (piuttosto rara!) a quella degli studi umanistici, oppure convinti dell’idea di un “pensierocentrismo” che annebbia valori, emozioni e ideali, e fortifica il potere delle “specializzazioni”, o ancora cresciuti senza sentirsi protagonisti responsabili del Mondo, ma solo del proprio e infimo spazietto vitale?

grandi problemi, a riflettere, a cogliere la complessità umana, promuove nell’uomo quell’ atteggiamento poliedrico e comprensivo che lo spinge a meditare sul sapere ed ad integrarlo nella propria vita.

Ad un pensiero che isola e separa bisogna sostituire un pensiero che

distingue ed unisce. Ad un pensiero riduttivo, un pensiero del complesso.

E per questo è necessario:

Ciò permetterà di:

PER UN PENSIERO CHE INTERCONNETTA, MORIN INDIVIDUA SETTE

PRINCIPI BASILARI.

1. PRINCIPIO SISTEMICO ED ORGANIZZAZIONALE che lega la conoscenza delle parti al tutto, l’organizzazione di un tutto produce qualità o proprietà nuove. E’ l’idea sistemica che si oppone a quella riduzionistica. 2. PRINCIPIO OLOGRAMMATICO che attraverso l’analisi delle organizzazioni complesse si evidenzia come anche il tutto è inscritto nelle parti. Per esempio ogni individuo costituisce parte della società, ma la società è presente in ogni individuo.

COGLIERE CHE LA CONOSCENZA DELLE PARTI DIPENDE DAL TUTTO E LA CONOSCENZA DEL TUTTO DIPENDE DALLE PARTI

TRATTARE I FENOMENI IN MODO MULTIDIMENSIONALE

RICONOSCERE CHE TUTTE LE REALTA’ SONO NEL CONTEMPO SOLIDALI E CONFLITTUALI

AFFRONTARE LE INCERTEZZE

RIMPIAZZARE LA CAUSALITA’ LINEARE CON QUELLA CIRCOLARE

MITIGARE LA RIGIDITA’ DELLA LOGICA IN FAVORE DI UN DIALOGO TRA PARTI CONTRASTANTI

COMPLETARE LA CONOSCENZA ATTRAVERSO L’INTEGRAZIONE DELLE PARTI

3. PRINCIPIO DELL’ANELLO RETROATTIVO che rompe la causalità lineare. Un anello di retroazione o feedback stabilizza il sistema e nei migliori dei casi può diventare un meccanismo amplificatore. 4. PRINCIPIO DELL’ANELLO RICORSIVO che supera la nozione di regolazione con quella di aut-produzione e auto-organizzazione. E’ un anello che genera prodotti che diventano anch’essi generatori di qualcosa. UOMO produce LA SOCIETA’ produce L’UMANITA’ produce LINGUAGGIO E CULTURA 5. PRINCIPIO D’AUTONOMIA/DIPENDENZA (AUTO-ECO-ORGANIZZAZIONE) gli esseri umani sono esseri auto-organizzatori che si producono e consumano energia per l’autonomia. L’autonomia è inseparabile dalla dipendenza. L’uomo sviluppa autonomia dipendendo dalla cultura. 6. PRINCIPIO DIALOGICO unisce due principi o nozioni che si dovrebbero escludere ma che in realtà sono indissociabili da un’unica realtà. Il pensiero deve assumere dia logicamente i due termini che tendono ad escludersi.

7. PRINCIPIO DELLA REINTEGRAZIONE DEL SOGGETTO CONOSCENTE IN OGNI

PROCESSO DI CONOSCENZA ogni conoscenza è una ricostruzione di una mente, di una cultura e di un tempo.

Alla base di questi sette, nuovi principi che si attivano come spinte organizzative della conoscenza, è fondamentale accettare il presupposto che l’unità è in seno alla diversità e che la diversità è parte integrante dell’unità

B. LA CONDIZIONE UMANA

Come affermava Durkheim, l’oggetto dell’educazione non è dare una quantità maggiore di conoscenze, ma costituire in lui uno stato interiore profondo, una sorta di polarità dell’anima che l’orienti in senso definitivo non solamente durante l’infanzia, ma per tutta la vita.

Gli esseri umani sono portatori delle peculiarità del mondo fisico, vivente, chimico, ma contemporaneamente ne sono separati dal pensiero, dalla coscienza e dalla cultura del momento.

Conoscere l’UMANO non significa separarlo dall’universo, ma situarvelo; è possibile integrare e disintegrare il destino umano nell’universo. Per esempio la preistoria, in tale ottica, assume un’importanza notevole come scienza dell’ominazione. Infatti in essa risiede il nodo Animalità/Umanità, che contribuisce a rafforzare la coscienza umanistica ed etica di appartenenza alla specie umana. L’Umanità non si riduce all’animalità, ma senza l’animalità non c’è umanità. In questa prospettiva la Terra è vista come una totalità complessa fisica, biologica e antropologica, nella quale l’esistenza è un’emergenza della vita planetaria.

Pertanto diventa un imperativo dell’educazione CONTESTUALIZZARE E GLOBALIZZARE I SAPERI E SVILUPPARE TALI ATTITUDINI NEGLI ALLIEVI CHE DARANNO VITA E VITALITA’ AL PENSIERO ECOLOGIZZANTE , NEL SENSO CHE OGNI EVENTO SARA’ VISSUTO INSEPARABILE DAL SUO CONTESTO NATURALE, CULTURALE, SOCIALE E POLITICO.

Di conseguenza sono necessarie due processi mentali di trasformazione:

 LE INFORMAZIONI in CONOSCENZE

 LE CONOSCENZE in SAPIENZA

In questo senso la cultura è una preparazione alla vita e la scuola diventa:

 SCUOLA DELLA LINGUA  SCUOLA DELLA POETICA DELLA VITA (emozioni, estetica, stupore)  SCUOLA DELLA SCOPERTA DI SE’  SCUOLA DELLA COMPLESSITA’ UMANA

E’ soprattutto nella letteratura che l’insegnamento sulla condizione umana può prendere forma vivente. Nella lettura di un libro o nella visione di un film o di un’opera teatrale, si comprendono le dimensioni esplicite ed implicite della vita quotidiana. Letteratura, poesia, cinema, psicologia e filosofia dovrebbero convergere per divenire scuole di comprensione.

Certamente spiegare non basta a comprendere; c’è comprensione umana quando sentiamo e concepiamo gli umani come soggetti.

E’ a partire dalla comprensione che si può lottare contro l’odio e l’esclusione e, per affrontare tutto ciò, è necessaria UN’INIZIAZIONE ALLA LUCIDITA’,ovvero l’attivazione di un apprendistato all’auto-osservazione, perché l’uomo quando percepisce, compie un’azione ricostruttiva e non può fare a meno dell’interpretazione, per cui è necessario lo sviluppo dell’attitudine riflessiva che aiuti l’autocritica, promuovendo il disinganno dalle istanze di egocentrismo e di caprio espiatorio.

Ma la condizione umana è segnata da DUE GRANDI INCERTEZZE: quella cognitiva e quella relativa alla storia.

La prima, l’incertezza nella conoscenza, nasce da tre principi.

1) CEREBRALE La conoscenza comporta rischi d’errore, perché è ricostruzione e non riflesso del reale 2) FISICO La conoscenza dipende sempre dall’interpretazione 3) EPISTEMOLOGICO I fondamenti della filosofia e della scienza sono sempre in crisi.

QUINDI CONOSCERE E PENSARE NON E’ ARRIVARE AD UNA VERITA’ MA

E’ DIALOGARE CON L’INCERTEZZA.

La seconda, l’incertezza nella storia, è dovuta al carattere intrinsecamente caotico della storia umana segnata da fantastiche creazioni e irrimediabili distruzioni.

CONDIZIONE UMANA

I NCERTEZZA STORICA

CARATTERE CAOTICO DELL’ESISTENZA UMANA

INCERTEZZA COGNITIVA

CONOSCENZA INTERPRETATIVA

FILOSOFIA E SCIENZA SEMPRE IN DIVENIRE

RISCHIO D’ERRORE

LA SCUOLA NON PERSEGUE LA VERITA’ MA

DIALOGA CON L’INCERTEZZA

PENSIERO CONTESTUALIZZANTE E GLOBALIZZANTE

SVILUPPO DELL’ECOLOGIA DELLE AZIONI

USO DELLA STRATEGIA

SVILUPPO DELLA SERENDIPITA’

ATTEGGIAMENTO DI SCOMMESSA

CONCERNE GLI IMPEGNI FONDAMENTALI DELLA NOSTRA VITA

VISIONE AMPLIATA DELLA VITA, NON

INDIVIDUALISTICA, SICURA E PROGRAMMATA,

BENSI’ INCERTA, CONSAPEVOLE E PROIETTATA

VERSO L’IGNOTO

C. LA TESTA BEN FATTA

Montaigne dice: - E’ meglio una testa ben fatta che una testa ben piena!

Infatti invece di accumulare spasmodicamente informazioni è necessario:

 Sviluppare un’attitudine a problematizzare

 Collegare i saperi dando loro un senso

Pertanto l’educazione deve favorire lo sviluppo di menti attive e capaci di porsi e risolvere problemi. Sono attitudini che richiedono esercizio già dall’infanzia, attraverso LA CURIOSITA’.

Incoraggiare l’attitudine indagatrice e orientata su problemi fondamentali relativi alla stessa condizione dell’esistenza e per tale obiettivo non c’è un programma ma solo UN ENTUSIASMO EDUCATIVO.

Lo sviluppo dell’intelligenza si deve legare all’ESERCIZIO DEL DUBBIO, deve far appello all’arte dell’argomentare e del discutere e soprattutto EDUCARE ALLA SERENDIPITA’, cioè la capacità di individuare dettagli della realtà e considerarli indizi tali da consentire la ricostruzione di una storia.

Una testa ben fatta è capace di organizzare le conoscenze e non soltanto di immagazzinarle. L’organizzazione delle conoscenze è un PROCESSO CIRCOLARE, passa dalla separazione al collegamento e viceversa, dall’analisi alla sintesi e viceversa.

Invece la nostra civiltà e il nostro modo di insegnare ha privilegiato la separazione piuttosto che l’interconnessione, l’analisi piuttosto che la sintesi.

La testa ben fatta riesce a superare la visione individualistica dell’esistenza per sviluppare una coscienza dell’umanità e della patria terrestre, attraverso un percorso che miri ad apprendere come diventare cittadini.

In tale prospettiva, è utile estendere gradualmente la nozione di cittadino dallo spazio locale allo spazio globale, planetario.

Si è veramente cittadini quando ci si sente solidali e responsabili.

 Si consacra un’intera facoltà alla storia e una facoltà ai problemi mondializzati  Si rivitalizzano gli insegnamenti nella facoltà di lettere. Freud sosteneva che esistono solo tre funzioni impossibili da definire:

  • EDUCARE
  • GOVERNARE
  • PSICANALIZZARE Il carattere funzionale dell’insegnamento riduce il docente ad un impiegato. Il carattere professionale dell’insegnamento riduce il docente ad un esperto. In realtà l’insegnamento deve rivendicare l’identità di COMPITO DI SALUTE PUBBLICA, una MISSIONE, che presuppone una FEDE NELLA CULTURA. In tal senso la missione del docente si concretizza
  • nel fornire cultura che problematizzi, contestualizzi e spinga alla globalizzazione;
  • nel preparare le menti a rispondere alle sfide;
  • nello spingere le menti ad affrontare le incertezze;
  • nell’educare alla comprensione umana fra vicini e lontani;
  • nell’insegnare l’affiliazione;
  • nell’insegnare la cittadinanza terrestre ( l’umanità sia nella sua unità antropologica sia nella sua comunità di destino).

Docente relatore

CLARA CHIODI

ORGANIZZA LA^ UNA TESTA BEN FATTA CONOSCENZA

COMPRENDE LA CONDIZIONE UMANA

APPRENDE LA VITA

AFFRONTA L’INCERTEZZA COLTIVA LA CITTADINANZA

SVILUPPA UN’ATTITUDINE INDAGATRICE

ACCETTA LE SFIDE

ADOTTA UN APPROCCIO SISTEMICO

ATTIVI LA FORMAZIONE DEL PENSIERO CRITICO