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Nella lezione del 25 marzo (seconda parte), si discute sulla applicazione del codice di procedura penale in merito all'utilizzo delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte. Viene analizzata la norma dell'articolo 270 e la giurisprudenza relativa al tema. Il professore chiede una valutazione scientifica e dogmatica della lettera quinqies del 266.
Tipologia: Teses (TCC)
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Lezione di procedura penale 25 Marzo (seconda parte) Lettura della traduzione codicistica del 270 primo comma, richiamo al 266. Quello detto in precedenza vale nel caso in cui nell’ambito dello stesso procedimento siano emersi più reati, una forma di manifestazione del reato è il concorso di reati , ma può capitare che dalle intercettazioni emergano reati che non hanno alcun legame con quello per il quale sono state disposte le intercettazioni. Per esempio, mentre il camorrista sta parlando a telefono racconta di un episodio a latere, cioè che è in cerca di testimoni falsi per andare ad alterare il processo davanti al giudice di pace. Essendo tutto un altro reato, trova qui applicazione l’articolo 270 del codice di procedura. Articolo 270: utilizzazione in altri procedimenti, i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili, per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza e nei quali l’articolo 266 comma 1. Il legislatore aveva fissato un divieto perché vuole che la compressione della libertà di comunicare avvenga dopo un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria del gip [decreto di intercettazione]. In primo luogo aveva fissato un divieto di utilizzare le intercettazioni in un altro procedimento, poi aveva trovato un’ eccezione, salvo che questi risultati rilevano per la prova di reati particolarmente allarmanti. Per questi reati è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato. Quindi solo per reati che entrano nel catalogo del 380. Questa norma limitava molto la circolazione delle intercettazioni nella sua interpretazione letterale, e anche su questa norma la giurisprudenza ha inciso molto con un’ interpretazione che conduceva a sterilizzare questo divieto, senza che questo venisse mai applicato. La giurisprudenza allora sosteneva che si aveva un procedimento diverso solo quando tra i fatti per i quali è stata disposta intercettazione e quelli emersi non sussiste alcuna forma di connessione ne alcun collegamento probatorio. Siccome quest’ultimo sicuramente si ravvisava [per esempio nella telefonata] allora si finiva col ravvisare sempre lo stesso procedimento. La giurisprudenza faceva in modo che l’articolo 270 è come se non fosse stato scritto. Con la sentenza cavallo la corte ha fissato dei paletti e ha detto che quando tra reati non sussiste un legame di connessione, allora siamo in un procedimento diverso e i risultati delle intercettazioni sono utilizzabili solo se il reato che è emerso è il reato per il quale è previsto l’arresto. Su questo assetto ê intervenuto il legislatore della riforma ed ha aggiunto un’ ulteriore deroga: nei procedimenti diversi possono essere utilizzati i risultati delle intercettazioni non solo quando sono rilevanti per la prova di reati per i quali è previsto l’arresto ma anche per quelli che rientrano nel catalogo 266. A questo punto abbiamo 2 deroghe. (Lui dà dei suoi pareri personali su questi cambiamenti: è d’accordo con il primo cambiamento, non lo è con il secondo) Il professore domanda : In ragione della domanda che stai ponendo, ti chiederei una valutazione scientifica, dogmatica della lettera f quinqiues del 266. A tuo parere non è questa una modalità, una scelta legislativa che finisce per ampliare l’operatività dell’istituito che è oggetto del nostro approfondimento nel momento in cui si afferma che i delitti commessi avvalendosi delle lettere a e b, non è questa una modalità per estendere l’ambito di operatività delle intercettazioni? Il consigliere risponde: Per l’esperienza professionale non vi è alcun rischio, perché siamo nell’ambito delle intercettazioni di criminalità organizzata che si realizzano con standard probatori inferiori. Sappiamo, infatti, che l’articolo 266 presuppone che il decreto di intercettazione può essere concesso quando ci sono gravi indizi di reato e sia assolutamente
dispensabile il mezzo. Quindi questi presupposti degradano nel caso di intercettazioni di criminalità organizzata. Articolo 13 del decreto legge 91, 152 del 1991: in deroga a quanto disposto dall’articolo 267 del codice di procedura penale, l’autorizzazione a disporre dall’ articolo 266 dello stesso codice è data con decreto motivato quando l’intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l’articolo 203 del codice di procedura penale. I presupposti per procedere alle intercettazioni quando il delitto è di criminalità organizzata sono inferiori per disporre le intercettazioni, bastano sufficienti indizi di reato. Il professore domanda : quando l’articolo 13 fa riferimento ad un catalogo parla di criminalità organizzata. Questo riferimento è assorbito totalmente dal catalogo che troviamo nell’ articolo 51 comma 3 bis, o sono ambiti diversi? Luigi: 51 comma 3 bis fa parte della criminalità organizzata dell’ articolo 13 ma non esaurisce la criminalità organizzata, ma c’entra anche il 416 comma associazione per delinquere non di stampo mafioso, quindi e più ampia. Ma l’interpretazione del concetto di criminalità organizzata e un’ interpretazionegiurisprudenziale. La prima sentenza delle sezioni unite sul punto riguardava il delimitare i processi che si dovevano fare o non fare nel periodo feriale e poi è stata ribadita la sentenza Scurato. Se volessimo essere precisi quella norma della legge del 91 era una norma alquanto imprecisa, però le intercettazioni della criminalità organizzata hanno una durata più lunga delle intercettazioni previste dal codice di proc penale. Le intercettazioni vengono concesse per un determinato periodo e poi il giudice le proroga quando ne sussistono ancora i presupposti, per cui prorogarle di volta in volta consente al giudice di vedere che sussistono ancora i presupposti perché vi è il rischio di attivare i telefoni e tenerli attivi attendendo il compimento di un reato. L’intercettazione è il mezzo di ricerca di una prova non è il mezzo per stare in attesa di un reato. Pasqualina domanda : Nello scenario attuale è sempre incisivo il ruolo della giurisprudenza, è ancora possibile parlare di sovranità della legge. Cioè il sistema italiano può essere condotto ad un sistema di civil law. Stiamo assistendo ad una positivizzazione del diritto vivente e se si potrebbe pensare ad una rivalutazione dell’ articolo 1 delle predisposizioni preliminari. Giuseppina domanda: Domanda che riguarda il comma 2bis dell’articolo 266, Soprattutto quando il legislatore fa riferimento per l’utilizzabilità del cantatore alle ragioni che ne giustificano l’utilizzo anche nei luoghi indicati dall’articolo 614. Queste ragioni fanno riferimento alla ragione che indicata al secondo comma dell’articolo 266 è quindi che ivi stia svolgendo attività criminosa oppure l’interprete sostanzialmente può andare oltre e quindi le ragioni sono altre e quindi si potrebbe comunque aumentare l’utilizzo di questo mezzo che è sicuramente formidabile però invasivo e quindi aumentare la discrezionalità? Gilda domanda: Il contenuto necessario previsto dall’articolo 267 con indicazione di tempi e luogo debba essere esteso anche a reati facenti capo ad associazione per delinquere e come deve essere interpretato in riferimento a quei reati contro la pubblica amministrazione quindi se anche per questi vale la regola che debbano essere i dicati tempi e luogo oppure questo conte tuo necessario non debba essere previsto. Il consigliere: La sentenza Scurato ha una disciplina che vale per i procedimenti fino al 31 agosto
alla ricerca di ulteriori elementi. Quindi sulla base di una denuncia anonima non è possibile procedere a perquisizioni, sequestri e intercettazioni. Tuttavia gli elementi contenuti nelle denunce anonime possono stimolare l’attività di iniziativa del P.M. e della polizia al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricovrai estremi utili per l’individuazione di una notizia criminis. Il procuratore dunque riceve l’anonimo, predispone una delega di indagine alla polizia giudiziaria, gli chiede di verificare cosa ci sia scritto e se ciò corrisponde a realtà, e a questo punto sulla base degli esiti di queste indagini che non sono più solo l’anonimo, si richiedono delle intercettazioni. Per quanto l’anonimo non possa essere considerato etico, non è mai disinteressato ai fatti, denuncia una fetta della realtà. Quando si “veste” un anonimo bisogna guardare a 360 gradi quello che ci sta dietro.