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Riassunto del libro del corso di Paolo Gheda.
Tipologia: Dispense
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1. L'inizio della Guerra Fredda La Guerra Fredda iniziò nel 1947, quando si rese evidente l’impossibilità di raggiungere un accordo con l’URSS riguardo l’organizzazione postbellica dell'Europa. Le tensioni tra i paesi occidentali e l'Unione Sovietica erano forti, principalmente a causa del fallimento di un trattato di pace con la Germania. - Francia e De Gaulle: Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il generale De Gaulle cercò di riaffermare la centralità della Francia nel processo di riassetto europeo, mirato a evitare il risorgere della potenza tedesca. La Francia, come nel primo dopoguerra, aveva risentimenti verso la Germania e tentò di mantenere una posizione di autonomia imperiale. - (^) Tensioni con l’URSS: Le forze sovietiche consolidavano la loro presenza in tutta l’Europa dell'Est, e la Francia si oppose a una possibile dominazione sovietica nel Mediterraneo e in Asia. Tuttavia, le crescenti tensioni tra le potenze occidentali e l'URSS resero inevitabile il consolidamento dell'alleanza tra Francia, Regno Unito e Stati Uniti, segnando l'inizio della Guerra Fredda. - (^) La "Guerra Fredda": Il termine fu coniato da Bernard Baruch durante una discussione sulla "dottrina Truman", che mirava a sostenere la Grecia e la Turchia contro l'influenza sovietica. Nel 1947, le alleanze tra le potenze che avevano sconfitto la Germania iniziarono a sgretolarsi, e la Conferenza dei Ministri degli Esteri segnò la definitiva separazione tra le potenze occidentali e l’URSS. 2. Consolidamento del Blocco Occidentale Nel 1948, le tensioni aumentarono con il colpo di Stato comunista a Praga e il blocco di Berlino da parte dell’URSS. Di fronte a queste minacce, gli Stati Uniti e gli alleati europei iniziarono a rafforzare la cooperazione militare e diplomatica. - (^) Trattato di difesa collettiva: Il 17 marzo 1948 fu firmato un trattato di difesa collettiva a Bruxelles, diretto contro l’URSS. Questo trattato segna il consolidamento del fronte occidentale. - Rinascita della Germania: Con la riunificazione delle zone di occupazione angloamericane e francesi in Germania, si pose le basi per la creazione di uno Stato tedesco occidentale. Questo accordo, insieme al Piano Marshall, contribuì a intensificare i legami tra i Paesi dell’Europa occidentale e ad escludere l’URSS da qualsiasi ruolo nelle istituzioni della
Germania occidentale.
- Creazione dell'OECE: L'Organizzazione Europea di Cooperazione Economica (OECE) fu istituita per gestire il Piano Marshall, facilitando la cooperazione economica tra gli Stati europei occidentali. 2. Il Congresso dell'Aia e le ideologie europeiste Nel 1948, si tenne il Congresso dell'Aia , il primo grande incontro europeista, che riunì personalità provenienti da 17 paesi, accomunati dall'aspirazione a creare un'Europa unita. Le idee di "unità europea" erano già emerse nel secolo precedente e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, queste correnti di pensiero iniziarono a prendere forma in tre principali orientamenti. Le principali correnti europeiste:
la loro sovranità nazionale. Gli Stati avrebbero creato organismi interstatali, ma questi sarebbero stati subordinati alla volontà dei membri.
cooperazione tra Stati senza una vera e propria unione politica.
creando una nuova struttura politica che unisse l'Europa. Si aspirava a una federazione che portasse a una convivenza più democratica e partecipativa.
mondiale, con una riforma radicale delle istituzioni europee, incluse le elezioni di un Congresso costituente europeo.
de Rougemont , André Voisin , e Alexandre Marc.
gradualmente, attraverso l'integrazione settoriale, cessioni di sovranità su singoli settori economici e politici. Questo processo avrebbe portato a una nuova struttura di potere in Europa.
Il ruolo della Francia e l'invenzione comunitaria: La Francia , indebolita dalla Guerra Fredda, si trovava in una posizione difficile, con la necessità di controllare la Germania, ma senza avere la forza militare e politica per farlo in modo autonomo. Il paese non poteva più aspirare a un controllo diretto sulla Germania, che era ora una realtà separata con l’emergere della Germania Ovest. In questa situazione, la Francia aveva bisogno di una soluzione innovativa. Fu un gruppo di intellettuali e pubblici amministratori francesi, guidati da Jean Monnet , a formulare una proposta che avrebbe ridato alla Francia l'iniziativa. La proposta mirava a costruire un nuovo ordine europeo che si basasse su una cooperazione economica franco-tedesca. Il progetto di cooperazione franco-tedesca: Monnet e i suoi collaboratori intendevano creare un meccanismo che integrasse settorialmente le economie della Francia e della Germania , in particolare nel settore carbo-siderurgico (carbone e acciaio). Questo settore era visto come cruciale per la Germania, poiché il controllo su di esso era considerato il "vero arsenale" della nazione tedesca. La Francia cercava di utilizzare questo progetto per ridurre la possibilità di un nuovo conflitto e ottenere il controllo su settori chiave dell'industria tedesca. La cooperazione franco-tedesca attraverso l'integrazione di industrie vitali avrebbe permesso alla Germania di uscire dalla sua posizione di inferiorità post-bellica e, al contempo, avrebbe dato alla Francia un ruolo di influenza sul futuro economico e politico della Germania.
4. La Dichiarazione Schuman La Dichiarazione Schuman , presentata il 9 maggio 1950 dal Ministro degli Esteri francese Robert Schuman , rappresentò un passo fondamentale nell'integrazione europea. Nonostante le iniziali resistenze politiche in Francia, Schuman riuscì a ottenere l'approvazione della sua proposta e a coinvolgere la Germania e gli altri paesi occidentali. La proposta si basava sull'idea di mettere sotto un'autorità comune la produzione di carbone e acciaio franco-tedesca, con la possibilità di allargarla ad altri paesi europei. L’obiettivo era favorire la reconciliazione franco-tedesca e l’integrazione della Germania nell'Occidente, creando un "fermento di una Comunità più larga e profonda" tra paesi un tempo divisi da conflitti. La proposta di Schuman rispondeva a diverse necessità: - (^) Distensione internazionale , con un'Europa che fungesse da elemento equilibratore tra i blocchi orientale e occidentale.
- (^) Riconciliazione tra Francia e Germania , evitando i rischi di conflitti futuri. - (^) Riorganizzazione europea dell'industria di base, come carbone e acciaio, per evitare cartellizzazioni e creare una cooperazione settoriale che fosse immediatamente realizzabile. La dottrina di Jean Monnet: La proposta di Schuman si inseriva nel pensiero di Jean Monnet , che aveva maturato una dottrina europea basata su:
Nonostante le promesse iniziali, la Comunità Europea di Difesa (CED) non riuscì a realizzarsi. Il dibattito che infuriò in Francia, coinvolgendo tutte le forze politiche, portò alla resistenza contro l'idea di rinunciare all'autonomia militare, soprattutto in un periodo di decolonizzazione in corso e con conflitti in corso in Indocina e Algeria. La paura che la Francia perdesse il controllo sulle sue politiche di difesa e la sua influenza sulle ex colonie fu determinante. Inoltre, la prospettiva di una Germania armata sotto il controllo di un'alleanza europea non era vista favorevolmente da molti settori politici in Francia, inclusi i nazionalisti e i sostenitori di Charles de Gaulle , che erano contrari a un'integrazione troppo profonda. Nel 1954 , l'Assemblea Nazionale francese bocciò il progetto della CED, segnando la fine della prima grande iniziativa per una federazione europea nel campo della difesa. Le conseguenze politiche e la soluzione diplomatica: Il fallimento della CED non segnò la fine della cooperazione europea in campo militare, ma piuttosto una pausa nella creazione di una struttura federale europea. La risposta alla crisi arrivò con un'astuta mossa diplomatica: il Trattato di Bruxelles del 1948, che originariamente era stato concepito per la mutua difesa tra Francia, Belgio, Gran Bretagna, Lussemburgo e Paesi Bassi, fu modificato per accogliere Germania e Italia. Questo accordo stabiliva l' Unione dell'Europa Occidentale (UEO) , che permetteva alla Germania di riacquisire autonomia militare (ad eccezione delle armi nucleari) e di prepararsi alla sua piena adesione alla NATO.
6. Il rilancio europeo Alla fine degli anni Cinquanta, l'Italia e i paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) furono protagonisti del “rilancio europeo” , un'iniziativa che mirava a rafforzare l'integrazione economica e politica dell'Europa, dopo il fallimento della Comunità Europea di Difesa (CED). L'Italia, che aveva aderito per prima al Piano Schuman con l'intento di ancorare un paese ancora fragile e diviso all'Europa occidentale, si trovava di fronte alla necessità di ripartire su nuove basi. Il fallimento della CED, che aveva cercato di creare una difesa comune, rese evidente che l'unica via percorribile fosse quella di un'integrazione settoriale , simile a quella della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio), che aveva avuto successo nel favorire la cooperazione in settori specifici. La Conferenza di Messina e il Comitato Spaak Nel giugno del 1955, i ministri degli Esteri dei sei Stati membri della CECA si riunirono a Messina (1-2 giugno 1955) su invito di Gaetano Martino , allora Ministro degli Esteri italiano. Durante questa conferenza, i partecipanti decisero di creare un Comitato intergovernativo composto da
esperti di alto rango. Il loro compito sarebbe stato quello di esaminare le possibilità di integrare alcuni settori economici specifici, come i trasporti e l' energia , inclusa quella atomica, e di preparare il terreno per un mercato comune europeo. Il Comitato venne presieduto dall'ex Ministro degli Esteri belga Paul-Henri Spaak , un convinto sostenitore dell'integrazione europea. Il lavoro del Comitato portò a un rapporto finale presentato alla Conferenza di Venezia nel 1956. In questo documento, venivano proposte misure concrete per la creazione della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell'Energia Atomica (CEEA). La crisi di Suez e il contesto politico La crisi di Suez del 1956, seguita dall'intervento franco-britannico, ebbe un impatto significativo sulle negoziazioni. La crisi evidenziò l'isolamento politico della Francia e la necessità di questo paese di fare affidamento su un quadro europeo per esercitare un ruolo di leadership. Inoltre, la crisi energetica che ne scaturì fece emergere la sicurezza delle fonti di energia come un obiettivo urgente. In questo contesto, la piena integrazione economica appariva come un progetto a lungo termine, difficile da realizzare in tempi brevi. Nei negoziati che seguirono a Venezia e poi a Bruxelles , la Francia ottenne l'inclusione dei prodotti agricoli nel futuro mercato comune, un importante obiettivo per la sua economia agricola. Inoltre, la Francia ottenne un lungo periodo transitorio per l'eliminazione degli ostacoli agli scambi di prodotti industriali, accompagnato da clausole di salvaguardia. La partecipazione finanziaria degli altri paesi alla liquidazione dell'impero coloniale francese fu anch'essa parte del compromesso. La Germania , dal canto suo, riuscì a ottenere che la tariffa esterna comune per i prodotti industriali fosse più bassa rispetto a quella nazionale tedesca, un importante vantaggio per l'industria tedesca. Questo contribuì a consolidare il blocco dei paesi liberoscambisti (Germania e Benelux), che ebbe la meglio sui protezionisti (Francia e Italia). Le difficoltà dell'Italia L'Italia, che si trovava economicamente in una posizione di ritardo rispetto agli altri partner europei, incontrò notevoli difficoltà nell'accettare le regole generali della CEE. Già nel 1950, quando era stata avviata l'adesione al Piano Schuman , le forze politiche di sinistra filo-sovietiche si erano opposte, così come alcuni industrialisti italiani. Tuttavia, questa volta l' industria italiana si mostrò favorevole all'integrazione, vedendo in essa una possibilità di crescita economica, mentre i socialisti , liberatisi dalle tesi filosovietiche, si schierarono a favore della comunità europea.
membri. Questo metodo contrattuale mirava a mantenere un costante equilibrio tra gli interessi nazionali e quelli europei. Le istituzioni comunitarie Il sistema istituzionale creato dai Trattati di Roma prevedeva due principali organi al vertice del processo decisionale: il Consiglio e la Commissione.
- La Commissione rappresentava l'istituzione più originale e innovativa. Composta da personalità politiche indipendenti dai governi nazionali, la Commissione deteneva poteri fondamentali, tra cui il monopolio delle proposte legislative e l' esecuzione delle leggi comunitarie. Le sue proposte si caratterizzavano per un forte contenuto integrazionista , frutto di un equilibrio tra i vari interessi nazionali e settoriali. La Commissione svolgeva un ruolo cruciale nel processo di unificazione, ma la sua azione era spesso contrastata dal Consiglio, dove emergevano gli interessi nazionali. - Il Consiglio era l'organo che deteneva il potere decisionale , esercitando anche funzioni esecutive. Il Consiglio si riuniva in diverse "composizioni" a seconda dei temi trattati (come agricoltura, trasporti o affari sociali). Il Consiglio degli Affari Generali (composto dai Ministri degli Esteri ) era la massima espressione dell'interesse nazionale a livello governativo. Le decisioni potevano essere adottate all'unanimità o con maggioranza qualificata , ma si dovettero attendere molti anni prima che la maggioranza qualificata divenisse la regola. Fino al 1967, quando avvenne la fusione degli esecutivi , i trattati CEE e CECA prevedevano una Commissione e un Consiglio separati per ciascuna delle due comunità. L'Assemblea parlamentare e la Corte di giustizia erano invece istituzioni comuni. **Le altre istituzioni: l'Assemblea parlamentare e la Corte di giustizia
- (^) L'Assemblea parlamentare , composta da membri designati dai parlamenti nazionali , rappresentava l'istituzione più politica e rifletteva il dibattito federalista che si era sviluppato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale. L'Assemblea divenne un forum per il dibattito politico sull'integrazione europea, pur non avendo inizialmente poteri legislativi diretti. 8. L'avvio delle Comunità e la dottrina europea di De Gaulle Il 1° gennaio 1958 , prese avvio l'attività istituzionale della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea dell'Energia Atomica (CEEA). L'Europa era molto diversa rispetto al periodo che aveva portato alla creazione della CECA : sebbene la Guerra Fredda si fosse attenuata dopo la morte di Stalin nel 1953, l' Unione Sovietica continuava a rappresentare una minaccia ai confini orientali, mentre la Francia si trovava immersa nella sanguinosa guerra di decolonizzazione in Algeria. Già nel 1958 , la CEE attraversò una fase di incertezza. L'anno successivo alla creazione delle Comunità vide il ritorno al potere di Charles de Gaulle , che assunse la carica di Presidente del Consiglio. Il suo ritorno segnò l'inizio di un periodo di turbolenza politica e diplomatica, che si protrasse per l’intero anno. Solo alla fine di questo periodo, la Francia iniziò ad adottare misure per favorire l'apertura del proprio mercato alla concorrenza degli altri Stati membri, nonostante le reticenze iniziali. De Gaulle e la sua visione europea Il ritorno di De Gaulle al potere sollevò timori in tutta Europa riguardo al ritorno di un approccio nazionalista e intergovernativo che avrebbe potuto ostacolare l'integrazione europea. Infatti, De Gaulle cercò di riprendere il vecchio gioco diplomatico per l'equilibrio politico intraeuropeo, ma cercando anche di affermare il primato francese all'interno di un'Europa continentale. De Gaulle espresse una serie di obiettivi geopolitici e politici che andavano ben oltre la semplice adesione della Francia alla CEE. Le sue intenzioni erano chiare: De Gaulle cercava di stabilire un "direttorio" formato da tre potenze occidentali (Francia, Stati Uniti e Regno Unito), non solo per rafforzare la posizione nucleare della Francia, ma anche per far sì che la Francia venisse riconosciuta come una potenza mondiale. Per lui, la Francia doveva svolgere un ruolo di leadership in Europa e nel mondo. Tre strade parallele della dottrina degaulliana De Gaulle cercò di raggiungere il suo obiettivo di primato francese seguendo tre strade parallele:
che nel 1945 si presentava come un blocco politico ed economico fortemente legato alla Gran Bretagna. Nonostante la decolonizzazione in atto, il Commonwealth rimaneva un'importante fonte di materie prime e un mercato per i prodotti industriali britannici. Inoltre, l'alleanza privilegiata con gli USA garantiva alla Gran Bretagna una posizione di forza, permettendole di mantenere una certa supremazia all'interno del Commonwealth e continuare a svolgere un ruolo significativo nelle relazioni internazionali globali. Questo spiegava la resistenza britannica verso l'idea di fare del Consiglio d'Europa e dell' OECE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea) due organizzazioni con istituzioni autonome e poteri delegati, che avrebbe potuto ostacolare la sua influenza. L'evoluzione della posizione britannica Mentre la Gran Bretagna si opponeva allo sviluppo di una integrazione europea , i suoi rapporti con il Commonwealth stavano cambiando. A metà degli anni Cinquanta, la Gran Bretagna iniziò a realizzare che il progetto di creare una grande area di paesi complementari uniti da un sistema monetario comune era destinato a non concretizzarsi. Ciò non convinse la Gran Bretagna ad aderire al nascente mercato comune europeo , ma portò alla proposta di una zona europea di libero scambio all'interno dell'OECE. Questa proposta britannica intendeva creare una zona di libero scambio che escludeva i prodotti agricoli e non comportava modifiche nei rapporti tra la Gran Bretagna e il Commonwealth. Tuttavia, questa proposta si scontrò con gli interessi francesi e non trovò accoglimento. Il fallimento di questa proposta portò alla creazione della EFTA (Associazione Europea di Libero Scambio) nel 1959 , che comprendeva Gran Bretagna , Svezia , Norvegia , Danimarca , Svizzera , Austria e Portogallo. Sebbene l' EFTA fosse un mezzo per esercitare pressione sui "Sei" (gli Stati fondatori della CEE), non riusciva a compensare l' esclusione di questi paesi dal mercato comune. Inoltre, non poteva contrastare la perdita da parte della Gran Bretagna dei vantaggi economici derivanti dal libero scambio con i membri della CEE. La politica europea di De Gaulle Nel contesto della politica europea, De Gaulle cercava di creare le condizioni per una alternativa europea confederale. Dopo la proclamazione della Repubblica Federale Tedesca (RFT) e prima della Dichiarazione Schuman , De Gaulle aveva già chiari i termini della conciliazione franco- tedesca , che doveva basarsi su un'intesa diretta e pratica, senza intermediari. Il suo approccio si concentrava sull'affermare una Francia forte all'interno di un'Europa confederale. Tra il 1961 e il 1963 , De Gaulle portò avanti una serie di iniziative politiche che caratterizzarono la sua politica europea e il suo atteggiamento internazionale. Sullo sfondo di queste iniziative,
riaffiorava continuamente la necessità di contestare l'ordine internazionale sancito a Yalta , per restituire alla Francia la sua autonomia politica e storica. La diplomazia gollista si muoveva con oscillazioni tattiche , cercando di non precludere alcuna possibilità, anche se i momenti di irrigidimento e le distensioni nei negoziati sull' unione politica , il veto sull'adesione della Gran Bretagna e la scelta di un patto franco-tedesco erano tutti legati a una strategia che non escludeva a priori nessuna soluzione. Il negoziato sulla Politica Agricola Comune (PAC) Uno dei primi grandi negoziati della CEE riguardava la Politica Agricola Comune (PAC). L'idea di un libero scambio agricolo all'interno della CEE non poteva essere realizzata semplicemente rimuovendo gli ostacoli al commercio. Era necessario armonizzare le leggi nazionali relative all'organizzazione e al sostegno dei mercati agricoli. La Francia fu molto abile nel collegare il progresso verso la seconda tappa delle riduzioni doganali con l'approvazione di regolamenti sui mercati agricoli. La cooperazione politica europea e il primo progetto di De Gaulle Nel 1961 , il governo francese presentò un progetto di Trattato per l' unione politica europea, che rappresentava la prima grande iniziativa diplomatica di De Gaulle dopo essersi svincolato dalla pesante questione algerina. Questo progetto prevedeva un Consiglio composto dai Capi di Stato e di Governo , un’ Assemblea parlamentare , e comitati per l' Istruzione e la Difesa. La Commissione esecutiva sarebbe stata responsabile della preparazione delle deliberazioni e della loro esecuzione. Tuttavia, il progetto gollista di una Confederazione di Stati si scontrava con il modello di integrazione sovranazionale stabilito dai Trattati di Roma , come la linea Monnet-Schuman. Il progetto francese cercava di mantenere l'indipendenza degli Stati, ma consentiva anche alcune concessioni, come il rispetto per le istituzioni comunitarie esistenti e la politica di difesa che doveva allinearsi con l' Alleanza Atlantica. Il fallimento del progetto e la posizione di De Gaulle Il fallimento della conferenza di aprile del 1962 non fu causato esclusivamente dal contrasto con le posizioni britanniche, ma anche dalla difficoltà di conciliando la visione confederale di De Gaulle con la crescente tendenza verso una integrazione sovranazionale. Quando il problema dell' adesione britannica venne sollevato, Belgio e Paesi Bassi dichiararono che non avrebbero sottoscritto il Trattato sull'unione politica finché la Gran Bretagna non fosse diventata membro della CEE.
della Francia. De Gaulle decise di porre il veto all'adesione della Gran Bretagna, un'azione che segnò una nuova fase nei rapporti franco-tedeschi. L'accordo franco-tedesco e la nuova fase politica L'inizio del 1962 vide un'evoluzione nei rapporti tra De Gaulle e Adenauer (cancelliere tedesco). Dopo alcuni incontri, emerse che le differenze tra i due erano meno rilevanti di quanto apparisse inizialmente, e che c'erano buone possibilità di intesa. Le incertezze degli USA sulla difesa europea e la crisi di Berlino del 1958 avevano spinto De Gaulle a mostrarsi fermo, mentre Adenauer cominciava ad apprezzare l'approccio intransigente di De Gaulle nei confronti dei sovietici, rifiutando ogni compromesso con Mosca. Fu così che, nel 1963 , venne rapidamente negoziato e firmato a Parigi il Trattato di amicizia franco-tedesco , che sanciva una stretta alleanza tra Francia e Germania. Questo trattato impediva la dissoluzione della CEE, consolidava l'accordo con i tedeschi e dotava la Francia di uno strumento diplomatico per affrontare la crescente influenza americana sulla creazione di una forza nucleare multilaterale. De Gaulle dimostrò così che la Francia era disposta a prendere l'iniziativa su tutti i fronti e che le sue posizioni coincidevano con gli interessi europei. Inoltre, la Francia continuò a tenere lontano la Gran Bretagna dalla CEE, ritenendo che il suo ingresso avrebbe minato l'autonomia politica dell'Europa. Il metodo della sincronizzazione Fino al veto francese, l'attuazione del Trattato CEE aveva segnato una svolta rispetto al tradizionale metodo di reciproca concessione tra Stati. Invece del calcolo immediato dei benefici e delle perdite, si era sviluppato un nuovo metodo basato su un negoziato permanente e su un equilibrio dinamico. Questo approccio consentiva ai membri della Comunità di evitare di confrontarsi con una simmetria perfetta nelle concessioni, poiché si riponeva fiducia che eventuali perdite in un settore avrebbero potuto essere compensate in un altro momento del processo di integrazione. Tuttavia, con il veto della Francia , questo spirito di reciproco affidamento tra i membri della CEE venne minato. La Francia, infatti, mise in luce che le istituzioni comunitarie non avevano meccanismi sufficienti per evitare una regressione verso il metodo intergovernativo classico, che rischiava di paralizzare il processo di integrazione. La proposta di sincronizzazione Per superare questa crisi, il ministro degli Esteri tedesco, Schroeder , propose nel 1963 il metodo della "sincronizzazione" , che prevedeva l'isolamento dei problemi che richiedevano una
reciprocità immediata di vantaggi e concessioni. In pratica, si trattava di una sincronizzazione degli interessi : concessioni francesi, ad esempio, in tema di Kennedy Round (per il completamento della tariffa comune ), in cambio di concessioni tedesche in materia di PAC (apertura dei mercati agricoli e sostegno ai prezzi interni) e negoziati per il rinnovo dell'associazione con gli Stati africani francofoni. Con la sincronizzazione , l'attività legislativa della CEE si ridusse a una ricostruzione comparativa degli interessi nazionali. La Francia ottenne così il massimo vantaggio politico dalla sincronizzazione, riuscendo a consolidare la sua posizione di protagonista centrale nella CEE. Al contrario, la Germania , soggetta alle limitazioni derivanti dal suo status di paese diviso, non poté far valere i suoi interessi con la stessa libertà. La Francia, invece, continuò a dissuasione gli altri Stati membri, minacciando rappresaglie se le sue richieste non fossero state accolte. Il bilancio politico del veto francese Il bilancio politico del veto francese fu favorevole alla Francia , che consolidò la sua posizione nella CEE e dimostrò che ogni progresso nell'integrazione europea dipendeva da un accordo interstatale , centrato sulla volontà comune di Francia e Germania. Sebbene la Commissione tentasse più volte di rafforzare l'integrazione, il veto ha mostrato quanto fosse difficile superare gli ostacoli intergovernativi senza un compromesso tra le principali potenze europee. La Francia accettò che la CEE partecipasse alla proposta americana di negoziato multilaterale nel GATT , ma non poté opporsi al Kennedy Round , poiché tale iniziativa avrebbe potuto ostacolare il suo progetto di emancipazione dalla tutela americana.
2. La crisi della sedia vuota La crisi della sedia vuota rappresenta uno dei momenti più critici e dottrinalmente violenti della storia comunitaria, con un conflitto tra la Francia e la Commissione Europea , che all'epoca era presieduta da Walter Hallstein , un politico tedesco. Hallstein, pur avendo ottenuto riconoscimenti formali per il ruolo della Commissione, cercava di farla considerare come il "governo in nuce" di un'Europa unita. Tuttavia, questo approccio non trovava favore in Francia , dove il governo di De Gaulle non aveva nascosto la propria irritazione verso l'influenza crescente della Commissione, che cominciava a limitare il potere degli Stati membri. Mutamenti nel quadro politico europeo Il contesto politico dell'epoca stava cambiando, con la fine dell'era Adenauer in Germania, che segna anche il declino dei progetti di De Gaulle per un'alleanza franco-tedesca di lunga durata. La
Dopo aver fatto fronte alla sfida e bloccato i lavori comunitari, De Gaulle alla fine dovette ritornare alla CEE. Le elezioni presidenziali di dicembre del 1965 segnarono una leggera battuta d'arresto per De Gaulle, che non ottenne il pieno supporto popolare. Questo indebolimento lo costrinse a tornare sui suoi passi e a riprendere il proprio posto nei lavori della CEE. In questo modo, la Francia perse la sua capacità di esercitare una pressione decisiva nei confronti degli altri cinque Stati membri. Esito della crisi e le concessioni alla Francia Nel corso delle negoziazioni, la Francia non ottenne modifiche sostanziali alle proposte della Commissione, ma comunque riuscì a ridurre l'influenza politica della Commissione all'interno delle istituzioni comunitarie. Sebbene la Commissione non fosse stata completamente ridimensionata, il diritto esclusivo di proposta che possedeva venne sempre più limitato e circondato da riserve e precauzioni. A Lussemburgo , dove si concluse la crisi, due constatazioni furono formalizzate : da un lato, il persistente disaccordo che rendeva difficile l'adattamento della struttura istituzionale comunitaria alle nuove esigenze dell'integrazione, e dall'altro, la necessità di continuare il processo di integrazione economica , nonostante le difficoltà politiche. In definitiva, la dottrina dell'integrazione di Hallstein uscì sconfitta dalla crisi. La Francia ottenne un ridimensionamento politico della Commissione , ma senza compromettere l'esistenza stessa della CEE.
3. La nuova domanda britannica di adesione alla CEE e il veto francese Nel 1964 , con il ritorno al potere dei laburisti nel Regno Unito dopo 13 anni di governo conservatore, la Gran Bretagna rinnovò la sua richiesta di adesione alla Comunità Economica Europea (CEE). Nonostante le difficoltà interne e le crisi periodiche, la CEE esercitava una forte attrazione sul Regno Unito. Sul piano geopolitico, il duopolio atomico tra USA e URSS stava diventando sempre più solido e irreversibile , escludendo effettivamente la possibilità di alterarlo. Ciò indeboliva l' Alleanza Atlantica , e De Gaulle , con l'uscita della Francia dalla NATO , perdeva un argomento politico decisivo riguardo ai suoi rapporti con l'Europa e gli Stati Uniti. La domanda britannica di adesione intendeva influenzare il futuro stesso della CEE, impedendo alla Francia di continuare a usare la CEE come uno strumento di politica estera per la sua visione gollista. Tuttavia, la manovra britannica si rivelò destinata all’insuccesso, ancora una volta. Le reazioni dei partner europei e il rifiuto francese
Dopo la richiesta britannica, gli altri membri della CEE chiesero che la Gran Bretagna fosse ammessa a una audizione preliminare , seguendo la stessa procedura del 1961. Tuttavia, la Francia si oppose, insistendo per un accordo preventivo tra i Sei paesi membri sulla apertura del negoziato e sulle sue condizioni. De Gaulle si oppose fermamente all’accettazione della domanda di adesione, poiché il clima politico in Gran Bretagna non era cambiato e cresceva l'indecisione interna, in particolare riguardo alla posizione pro-europea del Ministro degli Esteri, George Brown. In una riunione del Consiglio dell'Unione Europea Occidentale (UEO) , il ministro britannico Brown avanzò una nuova motivazione alla richiesta di adesione, proponendo una "Comunità in evoluzione" che avrebbe dovuto avere una forte influenza sia sul piano economico che politico e militare. La Gran Bretagna ribadì anche le sue richieste in ambito agricolo , mentre le sue istanze doganali vennero ridotte. Nonostante ciò, De Gaulle continuò a opporsi all’ingresso del Regno Unito, sostenendo che l'adesione avrebbe causato un mutamento sostanziale nella CEE, che avrebbe danneggiato l’equilibrio economico e politico attuale. La Francia criticò la situazione economica della Gran Bretagna, che sembrava non in grado di entrare nella Comunità senza prima risanare le sue difficoltà interne. Il ruolo della Commissione e il parere negativo Per ottenere una legittimazione alla sua opposizione, la Francia cercò di coinvolgere una delle istituzioni comunitarie: la Commissione. I problemi economici della Gran Bretagna , infatti, erano tali da indurre la Commissione a esaminare con severità la sua situazione, il che avrebbe potuto portare a conclusioni negativi riguardo all'ingresso della Gran Bretagna nella CEE. La Commissione, pur suggerendo l'apertura dei negoziati per approfondire i problemi, concluse che la situazione economica britannica avrebbe dovuto essere risolta prima di prendere in considerazione la domanda di adesione. Il Comunicado del Consiglio del dicembre 1967 registrò il disaccordo tra i Cinque paesi membri della CEE, che appoggiavano la Commissione, e la Francia , che riteneva che l'economia britannica dovesse prima risollevarsi.
4. Le conseguenze europee del '68 francese e l'ultima politica gollista Il 1968 fu un anno di grande crisi per la politica estera francese, che subì un forte impatto dall'occupazione sovietica della Cecoslovacchia. Questa occupazione segnò la fine del sogno di De Gaulle di un'Europa che si estendesse dall'Atlantico agli Urali , e mise fine anche alla speranza di costruire un rapporto diretto tra Parigi e Mosca. Gli USA , impegnati in Vietnam, avevano ridotto il loro coinvolgimento in Europa, e la Francia , dopo l'occupazione della Cecoslovacchia, si trovò incapace di perseguire la sua politica di alleanze con l'Est.