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La ferita familiare del divorzio riassunto, Dispense di Psicologia Clinica

Riassunto della ferita familiare del Divorzio

Tipologia: Dispense

2024/2025

Caricato il 23/06/2025

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simone-bellomo 🇮🇹

6 documenti

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LA FERITA FAMILIARE DEL DIVORZIO
CAPITOLO 1: IDEE ED ESPERIENZE DI LAVORO CLINICO CON LA COPPIA IN
SEPARAZIONE
LA COPPIA COME OGGETTO TERZO
Uno dei primi e più conosciuti contributi all'idea che la coppia sia un oggetto terzo, è stato proposto
da Dicks. Questo autore ha concettualizzato il legame di coppia, distinguendo la complementarità
inconscia attraverso cui i membri della coppia si curano e riparano reciprocamente dalla collusione
che rappresenta l'aspetto problematico del legame. Pincus e Dare hanno invece definito il legame di
coppia come contratto segreto del matrimonio: esso è influenzato dalle esperienze relazionali
precedenti dei partners, ma la sua peculiarità sta nella capacità di curare dolori passati o, al contrario,
perpetrare e riprodurre la sofferenza nei partners. Possiamo definire il legame di coppia come un
patto fra partner che ruota attorno a due aspetti:
L'intreccio segreto: la corresponsione di bisogni e attese reciproche che caratterizzano lo
scambio fra i partner. È segreto, in quanto latente, ma comunque agente nella relazione.
La promessa: si intende l'impegno implicito o esplicito che reciprocamente i partner
promuovono per la cura e il mantenimento della loro relazione nel tempo. Esprime dunque
l'investimento e la progettualità del legame nel futuro.
Il futuro della coppia si qualifica attraverso il costrutto della generatività di coppia, intesa come
l'insieme delle prospettive, degli scopi attribuiti inconsapevolmente dai partners alla relazione di
coppia. La generatività è intesa in prospettiva dinamica e quindi esprime la capacità del legame di
modificarsi nel tempo a seconda delle sfide che gli eventi prevedibili e imprevedibili pongono alla
relazione. La relazione di coppia ha sue modalità specifiche di manifestarsi. In particolare, tre sono
le modalità relazionali che sono state individuate: reciprocità, similarità e divisione di parti. Ogni
coppia vive tali modalità di rapporto, ma lo spazio che esse occupano nell'insieme rappresentato dalla
relazione, può essere assai differente. L’intervista di analisi del patto e della generatività di coppia si
compone di nove domande stimolo. Esse riguardano la scelta del partner, la qualità della relazione,
le nuove scoperte riguardo al partner e alla relazione, gli apprendimenti offerti dalla relazione, i
momenti difficili e il modo in cui sono stati affrontati, il futuro di coppia e l'incontro di ciascun partner
con la famiglia d'origine dell'altro. L'intervista riguardo alla relazione di coppia coinvolge entrambi i
partner congiuntamente e pertanto prevede un'unica codifica per ciascuna domanda a cui segue una
codifica di sintesi per il patto di coppia e una codifica di sintesi per la generatività di coppia.
Il patto di coppia è stato codificato sul versante dell’intreccio segreto come impraticabile,
praticabile o rigido. La promessa e può invece essere formale, assunta e fragile.
Rispetto alla generatività ci sono possibili esiti: fallimentare, critica e feconda. Per
fallimentare si intende una coppia che sperimenta indifferenza reciproca. Per critica si intende
un legame caratterizzato dal sentimento di dubbio e di sfiducia. Per feconda invece, si intende
il coinvolgimento di entrambi i partner snella relazione.
L’idea di coppia come oggetto terzo è un contenuto preciso, ha un profilo specifico, distinto da altri
modi di concepire la relazione. Diverso è infatti anche nelle conseguenti ripercussioni su un intervento
clinico.
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LA FERITA FAMILIARE DEL DIVORZIO

CAPITOLO 1: IDEE ED ESPERIENZE DI LAVORO CLINICO CON LA COPPIA IN

SEPARAZIONE

LA COPPIA COME OGGETTO TERZO

Uno dei primi e più conosciuti contributi all'idea che la coppia sia un oggetto terzo, è stato proposto da Dicks. Questo autore ha concettualizzato il legame di coppia, distinguendo la complementarità inconscia attraverso cui i membri della coppia si curano e riparano reciprocamente dalla collusione che rappresenta l'aspetto problematico del legame. Pincus e Dare hanno invece definito il legame di coppia come contratto segreto del matrimonio: esso è influenzato dalle esperienze relazionali precedenti dei partners, ma la sua peculiarità sta nella capacità di curare dolori passati o, al contrario, perpetrare e riprodurre la sofferenza nei partners. Possiamo definire il legame di coppia come un patto fra partner che ruota attorno a due aspetti:  L'intreccio segreto: la corresponsione di bisogni e attese reciproche che caratterizzano lo scambio fra i partner. È segreto, in quanto latente, ma comunque agente nella relazione.  La promessa: si intende l'impegno implicito o esplicito che reciprocamente i partner promuovono per la cura e il mantenimento della loro relazione nel tempo. Esprime dunque l'investimento e la progettualità del legame nel futuro. Il futuro della coppia si qualifica attraverso il costrutto della generatività di coppia, intesa come l'insieme delle prospettive, degli scopi attribuiti inconsapevolmente dai partners alla relazione di coppia. La generatività è intesa in prospettiva dinamica e quindi esprime la capacità del legame di modificarsi nel tempo a seconda delle sfide che gli eventi prevedibili e imprevedibili pongono alla relazione. La relazione di coppia ha sue modalità specifiche di manifestarsi. In particolare, tre sono le modalità relazionali che sono state individuate: reciprocità, similarità e divisione di parti. Ogni coppia vive tali modalità di rapporto, ma lo spazio che esse occupano nell'insieme rappresentato dalla relazione, può essere assai differente. L’intervista di analisi del patto e della generatività di coppia si compone di nove domande stimolo. Esse riguardano la scelta del partner, la qualità della relazione, le nuove scoperte riguardo al partner e alla relazione, gli apprendimenti offerti dalla relazione, i momenti difficili e il modo in cui sono stati affrontati, il futuro di coppia e l'incontro di ciascun partner con la famiglia d'origine dell'altro. L'intervista riguardo alla relazione di coppia coinvolge entrambi i partner congiuntamente e pertanto prevede un'unica codifica per ciascuna domanda a cui segue una codifica di sintesi per il patto di coppia e una codifica di sintesi per la generatività di coppia.  Il patto di coppia è stato codificato sul versante dell’intreccio segreto come impraticabile, praticabile o rigido. La promessa e può invece essere formale, assunta e fragile.  Rispetto alla generatività ci sono possibili esiti: fallimentare, critica e feconda. Per fallimentare si intende una coppia che sperimenta indifferenza reciproca. Per critica si intende un legame caratterizzato dal sentimento di dubbio e di sfiducia. Per feconda invece, si intende il coinvolgimento di entrambi i partner snella relazione. L’idea di coppia come oggetto terzo è un contenuto preciso, ha un profilo specifico, distinto da altri modi di concepire la relazione. Diverso è infatti anche nelle conseguenti ripercussioni su un intervento clinico.

LA COPPIA COME SNODO DI STIRPI E GENERAZIONI

La coppia non si costituisce e non vive nel vuoto e la sua comprensione richiede l'allargamento dello sguardo al contesto familiare. La coppia costituisce uno snodo cruciale dell'organizzazione familiare, come se fosse un sottosistema speciale all’interno del sistema familiare, in quanto rappresenta la possibilità di nuova nascita del legame ed esercita la funzione di mediazione nei confronti delle stirpi che la precedono. Quando la coppia non riesce a funzionare come dispositivo di mediazione generazionale, diventa o uno spazio caotico o uno spazio cieco e indifferente. In questi casi l'esito è l'inibizione della generatività. Il passaggio cruciale che la coppia deve attuare in riferimento alle generazioni precedenti è relativo al suo essere nuova coppia, all’acquisizione di potere genitoriale e all’esercizio della sua funzione. Il punto critico è così il seguente: come viene concepita la relazione coniugale e quella genitoriale in relazione a ciò che è stato appreso nelle famiglie di origine? Vi è nuova nascita di legame e vera mediazione se la coppia sa distinguersi dalle generazioni precedenti. Distinguersi sottolinea il volto unico e inedito del fenomeno e l'eccedenza della coppia rispetto al campo di provenienza che è in questo caso la storia familiare pregressa. I pericoli nell'attuazione della distintività stanno nella contro dipendenza di coppia e nella passività di coppia. Il processo di distinzione risente dei fattori culturali che definiscono, a seconda delle varie epoche e delle appartenenze etniche, la quota di autonomia della coppia genitoriale da quelle precedenti. La ricerca di nuova nascita del legame verso cui la coppia si indirizza può partire da basi solide oppure fragili, ma non è predeterminata, è piuttosto avventurosa. Ciò non toglie che il bagaglio delle origini faccia parte dell'avventura. Va però detto che non tutto delle origini viene portato nell'intesa di coppia; infatti, i partners operano una selezione inconsapevole dei temi psichici e di problemi razionali che si incontrano tra loro e che caratterizzano quel legame di coppia in quanto tale. LA SEPARAZIONE COME TRANSIZIONE/PASSAGGIO TRASFORMATIVO Di recente si assiste a una crescente normalizzazione del fenomeno della separazione. Lo scenario della separazione del divorzio costituisce un ambito elettivo dell'intervento psicologico contemporaneo, assai variegato quanto alle possibili forme e per le caratteristiche dei contesti e dei settings all'interno dei quali si può sviluppare, ma accomunati dalla specificità dell'evento critico da cui scaturisce la richiesta di aiuto e a cui rimane inevitabilmente ancorato. Analizzeremo la separazione da un punto di vista dinamico-generazionale, cercando le cause e i moventi più profondi dell’escalation conflittuale che rendono problematica la transizione separativa. Per comprendere quali sono le modalità più opportune attraverso le quali organizzare l'incontro clinico con le persone che vivono la separazione, bisogna partire da due presupposti:  Il primo ha a che fare con la natura dell'evento separativo: esso comporta la frattura di una relazione, ed è quindi a quella relazione le sue caratteristiche dinamiche, organizzative e simboliche che è necessario porre attenzione per cogliere la possibilità e le fatiche della transizione separativa.  La seconda ragione è di natura contestuale, da un lato, e squisitamente clinica dall’altro: ogni intervento in ambito di separazione è volto a mantenere il benessere dei figli e questo comporta che ad essi e alla loro salute è rivolta l'attenzione. A questo proposito, il compito di ciascun figlio è proprio quello di portare in salvo le origini, ovvero potersi identificare, poter attingere continuamente linfa vitale da esse. Chi lavora nelle situazioni di separazione e divorzio incontra il diffuso e massivo dolore che il divorzio può diffondere nei partners e nelle loro relazioni. Dalla letteratura psicodinamica e familiare sappiamo che è impossibile sancire

nella relazione, di tener viva la fiducia nel valore del legame e in sé stessi come degni di legame. È’ proprio nel diaframma, sottile, contraddittorio tra la fine del legame e la conferma del suo valore che si decide l’esito della transizione. La via di uscita deve essere quella di costruire un nuovo patto attraverso una più realistica comprensione della vicenda di coppia e l'identificazione di un residuo elemento condiviso che sopravvive alla fine della coppia stessa. Si tratta di un lavoro psichico estremamente impegnativo e che richiede che ciascun partner possa riconsiderare la propria storia generazionale e la connessione tra questa e la relazione di coppia, ovvero di interrogarsi sui bisogni e le attese, per lo più inconsapevoli che, a partire dalle proprie identificazioni di origine, hanno determinato la scelta del partner e la costituzione del legame. La possibilità di affrontare questo compito dipende da molti elementi, contano certamente le caratteristiche, le risorse personali, ma hanno rilievo anche le modalità che assume la separazione e le risorse del contesto relazionale e sociale. Il lavoro clinico con la coppia comporta infatti un cambiamento di prospettiva rilevante rispetto al setting individuale. Innanzitutto, nella consultazione di coppia è richiesto di operare nella fase liminale, cioè al limite tra il manifestarsele dolore e la ricerca di vie di uscita e di soluzioni costruttive. Pertanto, il setting si configura in modo attivo. È possibile anche che certi compiti o rituali vengano compiute al di fuori dell'incontro diretto con la coppia. Tutto ciò è necessario per rompere lo stallo ormai consolidato, per formulare nuove domande e muoversi verso nuove esperienze di relazione. Ogni azione, ogni direzione del lavoro clinico va esplicitamente condivisa con i partners, con i quali è sempre opportuno attivare anche la verifica del percorso svolto. Dal punto di vista contenutistico, si tratta di istituire una fase di ascolto e comprensione reciproca dei partners, impedendo loro il giudizio e la svalutazione dell'altro. Il clinico ha il compito della guida del processo: ciò richiede un'apertura mentale nei confronti del setting che non è uniforme e prefissato, ma strutturato in base a obiettivi da raggiungere. L’aspetto più saliente riguarda la posizione del clinico nei confronti della coppia. Rinunciare alla neutralità è indispensabile, poiché il setting di coppia più di altri impedisce tale posizione. L'incontro coinvolge tutte le persone che vi partecipano nella misura in cui è necessario costruire un setting congiunto e partecipato. A questo proposito saranno utili le tecniche di alleanza multifocale che permettono un’equivicinanza alle persone e alle loro prospettive. Ugualmente rilevante la comprensione delle modalità di transfert reciproco dei partners. MEDIAZIONE FAMILIARE E CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO La mediazione familiare è giusto che sia considerata una pratica non terapeutica, realizzabile solo a partire da un’adesione libera e autonoma dei partners. Però la mediazione familiare è una pratica sostanzialmente diversa dalla negoziazione o da altre forme di ADR ed è più correttamente qualificabile come una pratica clinica che avendo come oggetto esplicito l'aiuto alla ricerca di accordi, si propone di sostenere e rilanciare la generatività familiare. In termini operativi ciò si traduce in due attenzioni specifiche: da un lato alla considerazione del conflitto nella sua complessità e in tutte le sue componenti, dall'altro la considerazione del significato relazionale intergenerazionale che la separazione porta in luce. Può essere relativamente facile guidare i partners a trovare degli accordi, ma è certamente più difficile che gli stessi riescono a metterli in pratica efficacemente e stabilmente se il raggiungimento degli stessi non è stato associato e sostenuto da un almeno iniziale movimento trasformativo. Per questo è molto importante la fase preliminare del lavoro, ed è più convincente operare nel senso di una costruzione della mediabilità piuttosto che di un accertamento diagnostico della presenza di requisiti più o meno qualificati. Del tutto diverso lo scenario all'interno del quale si colloca la consulenza tecnica; si tratta infatti di una situazione sui generis, assai differente da altri interventi clinico terapeutici con la coppia, principalmente per tre caratteri distintivi:

  1. il primo riguarda l'aspetto del vincolo istituzionale all'interno del quale si realizza l'intervento clinico inquanto esso non agisce da una richiesta di aiuto da parte della coppia, ma è disposto in modo autoritativo dal giudice.
  2. La seconda particolarità, che determina anche la sua ambiguità collocando la CTU in un vero e proprio territorio di confine, è legata al fatto che l'obiettivo dichiarato della consulenza nel contesto giudiziario è formalmente di ordine diagnostico e non terapeutico/ trasformativo.
  3. Il terzo carattere peculiare di tale intervento riguarda il fatto che l'oggetto primario di indagine della consulenza disposta dal giudice nei procedimenti di separazione e divorzio non è la coppia in quanto tale, mala coppia genitoriale o, meglio ancora, la genitorialità. Questi caratteri delineano in modo del tutto particolare l'intervento clinico con la coppia all'interno del contesto giuridico e sollevano una questione preliminare circa il senso della forma dell'intervento stesso. È infatti possibile e legittimo realizzare la consulenza tecnica d'ufficio secondo differenti modalità, in relazione alle diverse configurazioni teoriche della genitorialità a cui gli operatori fanno riferimento e più precisamente al rilievo che essi attribuiscono alla connessione tra coniugalità e genitorialità. Sarebbe corretto concepire la consulenza tecnica come un intervento focalizzato su un compito conoscitivo che si propone di rendere riconoscibili i problemi connessi al conflitto coniugale, coinvolgendo però attivamente le parti nel processo di svelamento, riconoscimento e sollecitandole ad allontanarsi dal già noto e dal già stabilito per riattivare le risorse che possono sostenere il rilancio sulla relazione. La procedura clinica sviluppata dagli autori si può qualificare come un intervento di assesment familiare, poiché è solo la prospettiva familiare in grado di rendere ragione della relazione di coppia nel suo dipanarsi storico, a partire dalle vicende delle famiglie di origine dei partner e nel suo farsi relazione genitoriale. Il percorso consulenziale si articola solitamente in 1015 incontri. Esso ha avvio e si conclude incontrando la coppia genitoriale poiché è alla responsabilità di cura della coppia genitoriale che si fa riferimento per rilanciare il legame. Il criterio della valutazione della relazione genitoriale non si limita a considerare le capacità accuditive di ciascun genitore, ma pone al centro dell'attenzione la capacità e la volontà di ciascun genitore di promuovere l'accesso simbolico e fattuale dei figli all'intero contesto familiare. Per compiere l'impresa conoscitiva e prognostica della vicenda separativa è necessario articolare fra loro livelli di informazioni differenti. Inoltre, è necessario pensare a una metodologia di lavoro in grado di connettere fra loro differenti tipologie di informazioni. CAPITOLO 2: PSICOTERAPIA DELLA FAMIGLIA NEL PROCESSO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO INTRODUZIONE Il divorzio elimina il paradigma familiare e porta con sé una discontinuità strutturale che prefigura la perdita di una parte dell’identità. Diventa pertanto necessario favorire una condizione di riequilibrio del sistema che consente la costruzione di una genitorialità condivisa, altrimenti l'assetto relazionale rischia di permanere in una condizione distillo e di conflitto intrattabile. Il modello della Kaslow considera il confine tra gli elementi comportamentali e quello emotivo-psicologici, sottolineando che occorrono circa due anni per superare le tre fasi della separazione, (alienazione, conflittuale e del riequilibrio) a loro volta ciascuna divisa in due sottofasi.  La prima fase del modello coincide con la presa di decisione che sancisce la consapevolezza dell’incompatibilità con il partner e un conseguente allontanamento in genere da parte di uno dei due membri della coppia che mette in atto il processo di separazione.

dall'altro e dalla storia con lui implica la revisione dell’aspettativa amorosa e dell'aspettativa dell'appartenenza. Non amarsi e non appartenersi più: per l'uno è il punto di partenza per lasciarsi, per l'altro l'inaccettabile punto di arrivo. Nell'individuare minimi obiettivi condivisibili, l’intervento terapeutico si definisce da subito come spazio dove portare, agire e possibilmente risolvere il distacco emotivo e la delusione delle aspettative. Nella fase decisionale, uno dei principali fattori di stress per gli adulti è rappresentato dallo sbilanciamento dell'asse della responsabilità. Il conflitto è solitamente centrato su chi debba assumersi l'addebito del fallimento del matrimonio e dunque ruota attorno a temi come chi sia il colpevole dell'infelicità familiare. Introdurre flessibilità in questa fase di lavoro sui confini significa essenzialmente cercare di garantire uno spazio di comunicazione, ascolto reciproco e dei propri stati interni, con l'obiettivo di cogliere e valorizzare ogni segno che ciascuno manifesta di assumersi la piena responsabilità di sé stesso. Si aiutano i partners a chiarire la confusione tra aspettative di coppia e continuità genitoriale del risentimento per l’altro come coniuge e di rispetto per il suo ruolo di genitore. Lavorare sui confini è anche lavorare sulla comunicazione ed espressione delle emozioni. I partners vengono responsabilizzati in seduta sull’evitare colpi di parole che possono aprire ferite insanabili nella relazione, sul trattenersi da descrizioni mostruose dell'altro in cui molte espressioni corrono veloci lungo la linea oltre la quale non riesci più a domandarti ciò che è opportuno dire da ciò che non lo è, specialmente in presenza dei figli. LAVORARE SUL SIGNIFICATO DELLA SEPARAZIONE Inizia la fase del lavoro sull’incastro di coppia alla luce della propria storia personale, a partire da sé sulle aspettative bisogni più o meno espliciti di ciascuno, sul riconoscimento della parte che ognuno di loro ha giocato nella formazione della coppia, che oggi contribuisce alla profanazione del patto. Addentrarsi nelle storie personali significa addentrarsi nella sofferenza della separazione, che è unica, diversamente dalla rabbia che invece è simile in quasi tutte le coppie. Si tratta di un dolore complicato, connesso alla perdita reale e a quella simbolica. Il processo terapeutico aiuta a focalizzarsi sul riconoscimento reciproco e della pari dignità delle sofferenze patite, ma anche dei diritti e dei bisogni di tutte le persone coinvolte. Lavorare sul senso che questa separazione acquista per ognuno permette di mettere insieme il familiare e l'individuale. Questo è anche l'occasione clinica di una valutazione attenta della condizione emotiva dei bambini e il modo per dare loro diritto di parola, di essere ascoltati, ma anche di essere informati, ovvero il diritto alla crescita. Gli incontri alla presenza dei bambini hanno lo scopo di rafforzare ciò che resterebbe comunque dell'essere stati famiglia a seguito di una separazione. Lavorare sulle risorse familiari nella fase decisionale della separazione non significa tanto andare su quello che ancora funziona, ma avere la capacità di vedere e rinforzare quello che è difficile vedere dal loro punto di vista. Non si deve solo portare in salvo ciò che di questa famiglia ha funzionato fino a prima della crisi, ma rileggere e rivedere i rapporti tenendo conto della situazione attuale, senza paura né mistificazioni, per ricostruirli. LAVORARE SULLA STORIA TRIGENERAZIONALE Leggere le conflittualità individuali ed evidenziare quanto siano influenti i legami del passato sul conflitto attuale è un altro passaggio sostanziale nel modello. Introdurre la dimensione trigenerazionale nel significato da attribuire alla crisi di coppia permette di evidenziare anche quanto la separazione introduca la possibilità di separarsi dalla propria storia familiare. Per raggiungere l'obiettivo della decisione della separazione è fondamentale che i partners abbiano raggiunto o possano raggiungere con la terapia un buon livello di differenziazione sia nella coppia che nella famiglia di origine. Più si è in grado di riconoscere il proprio spazio personale, di affermare la propria separatezza, individualità dalla famiglia, dal partner, da altre persone significative, più si è capaci di riconoscere nello specifico il proprio contributo alla decisione di separarsi dal coniuge e di sentirsi

sicuri nella scelta, per quanto dolorosa possa essere. Responsabilità, consapevolezza e reciprocità sono gli indici di una maggiore differenziazione. In questa fase la posizione dei familiari assume un peso specifico, non solo perché non potendosi più appoggiare al partner la famiglia d'origine diventa un interlocutore importante, ma anche perché il peso delle aspettative e dei miti familiari può contribuire a far sentire impossibile la strada della separazione. La convocazione delle rispettive famiglie di origine, in sedute in cui l'altro coniuge non è presente, ha proprio lo scopo di entrare nel significato che ciascuno come singolo e come membro del gruppo familiare attribuisce a un evento come questo, per introdurre differenze nella percezione e stimolare processi di autonomia e autoconsapevolezza. Lavorare sulle dinamiche intergenerazionali permette di allargare la flessibilità del sistema e dunque di introdurre nuove prospettive e punti di vista. La convocazione delle famiglie di origine, oltre a diminuire la tendenza a fare squadra contro l'idea della separazione più che contro le persone, permette di recuperare un senso di integrità e continuità del sé che quando impegnati su molti fronti del conflitto, si può rischiare di perdere, oltre a un senso discontinuità tra le generazioni. FASE CONFLITTUALE Nelle separazioni gravemente conflittuali lo sperimentare una elevata ostilità nella coppia genitoriale influenza negativamente lo sviluppo della mentalizzazione e della regolazione affettiva nei figli, determinando un elevato rischio di psicopatologia. Un aspetto che caratterizza tali situazioni è il rischio che il conflitto tra i genitori possa in qualche modo cronicizzarsi, anche per il contesto nel quale la separazione stessa agisce. LAVORARE SUI CONFINI Nella prima fase, quando il livello del conflitto è elevato, i genitori sperimentano sensazioni di rabbia verso l'ex coniuge ed impotenza rispetto alla situazione; diventa fondamentale attuare un lavoro che risente dei principi della terapia strutturale di Munichin e del suo lavoro sui confini. Per prima cosa è necessario costruire un setting di lavoro in cui la stanza di terapia possa garantire un senso di sicurezza emotiva. La premessa fondante è che il progetto terapeutico deve necessariamente accompagnarsi con la sospensione di qualsiasi intervento del sistema giudiziario. Questa prima linea di confine tra terapeutico e giudiziale definisce il contesto e fornisce una prima indicazione al sistema familiare sul lavoro da intraprendere, allontanandola possibilità che la stanza di terapia divenga il luogo dove definire le incompetenze e le colpe di un genitore. Il passaggio successivo in termini di obiettivo specifico di questa fase della separazione dovrà essere quindi quello di permettere ai figli di uscire fuori da funzioni protettive verso i genitori, mettendoli in sicurezza. Sarà fondamentale sin dal primo incontro con la famiglia intera, riuscire a costruire un patto con i figli che passi attraverso il riconoscimento del loro comportamento come coerente con la crisi familiare. LAVORARE SUL SIGNIFICATO DELLA SEPARAZIONE Un terzo obiettivo prevede necessariamente la creazione di uno spazio di ascolto e di lavoro da parte del clinico all’interno del conflitto stesso portato dei due ex coniugi. È necessario passare dal qui ed ora delle recriminazioni e della rabbia legate alla fine del rapporto all’allora dell'inizio della storia della coppia. I due livelli del contratto tra i partners all'inizio della loro relazione, quello dichiarato e quello segreto, nel momento di una separazione non sempre vengono sciolti contemporaneamente, portando a quella situazione definita legame disperante. Accettare la rottura del patto segreto è il compito più difficile che le persone si trovano a dover gestire in una separazione. Il rischio in questa fase, è che la presenza dell'altro, pensato e ricercato in maniera incombente in un legame

CAPITOLO 3: LAVORARE CON I BAMBINI, LA FAMIGLIA E IL NETWORK NEL

CONTESTO DEIDIVORZI ALTAMENTE CONFLITTUALI

ILLUSIONI TERAPEUTICHE

Vi è un tema sociale dominante, riflesso nei media, in altre comunicazioni, ma anche nella legge, che è quello del buon divorzio. C'è quindi una grande pressione normativa sui genitori affinché si comportino in modo corretto nonostante la separazione. Con alcuni genitori questi metodi non funzionano affatto, anzi, a volte le cose sembrano funzionare al contrario: più le persone cercano di unire i genitori in una squadra genitoriale che possa funzionare più il conflitto diventa distruttivo. Come terapeuti sistemici bisogna andare oltre queste illusioni. FASE DI TRANSIZIONE In un processo di transizione, le persone attraversano la fase in cui il vecchio contesto è stato lasciato, ma il nuovo contesto non è ancora conosciuto, bensì uno spazio di confine. In questo periodo di squilibrio possono verificarsi reazioni estreme come aggressività e violenza, psicosi, depressione e suicidio. Possiamo dire che in un divorzio ad alta conflittualità, i genitori rimangono nella fase di transizione e quando vogliamo riunirli come genitori possiamo contribuire a tenerli in questo spazio di confine in cui i figli stanno al centro. La domanda è: come aiutare i genitori, i loro figli e la loro rete a realizzare la separazione, a superare la transizione, a lasciare andare l'altro? Ciò è possibile solo quando anche i professionisti possono lasciare andare le loro illusioni professionali e possono accettare che alcuni genitori, dopo il divorzio funzionino meglio con una genitorialità parallela, il che significa che entrambi i genitori si concentrano sulla propria vita, si prendono cura dei propri figli, della famiglia e di sé stessi al meglio smettendo di interferire nello spazio dell'altro genitore. NESSUN BAMBINO MESSO IN MEZZO No Kids in the middle è un programma ideato da Justine van Lawick del Lorentzhuis e Margreet Visser per sei famiglie che lavorano nello stesso luogo e nello stesso tempo, ma in stanze diverse. Gli invii provengono principalmente dai servizi sanitari per l'età evolutiva, da quelli per la tutela dei minori o dai tribunali. L’AVVIO Nel primo incontro, ciascun genitore, senza la presenza dei figli, riceve informazioni sul programma. In questa seduta vengono condivise le loro aspettative e la motivazione a concentrarsi sul proprio comportamento per migliorare la situazione. Entrambi i genitori devono sospendere i procedimenti legali. Il programma funziona meglio quando i genitori sono separati da più di un anno. Un'altra condizione è che i genitori abbiano uno o più figli di età compresa tra i quattro e i 18 anni. Se i figli non vogliono incontrare uno dei genitori non vengono forzati a comunicare con lui. In questo caso sono i genitori ad avere la responsabilità e il compito di ricreare il rapporto. I genitori possono svolgere la seduta informativa in modo separato o congiunto. La seconda seduta è l'inizio del programma. I genitori hanno uno spazio individuale per parlare con uno dei terapeuti. Qui i terapeuti spesso hanno un'idea migliore delle vulnerabilità. I bambini possono ricevere informazioni riguardo il loro gruppo, possono così chiedere tutto ciò che vogliono e viene affrontata anche la loro situazione. Ai genitori vengono così assegnati dei compiti a casa per interagire con le persone significative.

SEDUTA INFORMATIVA CON IL NETWORK

Poiché è importante coinvolgere il network nel suo insieme, c'è una serata informativa prima dell'inizio del programma in cui i genitori possono portare dalle due alle cinque persone della loro rete relazionale. Anche i referenti o altri professionisti sono i benvenuti. I GRUPPI Nel gruppo dei figli vengono affrontati temi rilevanti, la storia della famiglia e i loro bei ricordi, le emozioni e i conflitti eccetera. I figli si aiutano a vicenda, giocano tra loro, parlano della situazione a casa e condividono le loro esperienze. A volte dividiamo il gruppo in sottogruppi con i bambini più grandi e i bambini di mezzo e quelli più piccoli. I bambini sono invitati a realizzare disegni, foto, film, musica, eccetera per presentare come vivono la situazione della loro vita quotidiana. I 12 genitori partecipano insieme al gruppo. Ciascuno è invitato a riflettere su se stesso. Riconoscere cosa li scatena quando lo stress aumenta e si intensifica e cosa fanno per arginarlo, osservando questi aspetti anche nell'ex e negli altri genitori. I figli sono al centro dell'attenzione, con piccole sedie in cerchio attraverso esercizi esperienziali, l’attenzione dei genitori rimane focalizzata su ciò che i figli vivono. E i genitori si aiutano a vicenda, riconoscono la battaglia degli altri e quindi si rivedono. Il ponte tra i due gruppi è creato dalla posta aerea, i bambini possono porre domande al gruppo dei genitori consegnate come posta aerea da uno dei terapeuti. Le domande vengono concordate nel gruppo di bambini e comunicate come una domanda dall'intero gruppo, non da un singolo bambino. LE OTTO SEDUTE I gruppi lavorano per 8 incontri ogni due settimane. Ogni seduta inizia con un giocoso riscaldamento per bambini, genitori e terapeuti insieme. La prima volta si chiede ai genitori di sedersi sulle sedie e ai bambini di sedersi davanti ai genitori a terra di fronte al centro del cerchio. Viene spiegato che ci si deve conoscere e in questo modo si può vedere chi appartiene a chi. La prima seduta di gruppo è sempre piena di attività, con alcuni giochi interattivi. Dopo questo riscaldamento i gruppi si dividono, e i genitori rimangono nel cerchio, uno accanto all'altro. I bambini invece vanno nella loro stanza. Poiché i genitori cercano di difendere il loro comportamento e le loro azioni demonizzando l'altro genitore, sono abituati a concentrarsi sui brutti ricordi e su ciò che sperimentano come comportamento distruttivo e dannoso dell’altro. Per questo si invitano i genitori nel primo incontro, a presentarsi raccontando un bel ricordo di un'attività con i loro bambini. I terapeuti chiedono quindi come sia possibile che tante cose belle siano finite in una simile palude. Vengono poi discussi gli schemi distruttivi. I genitori ricevono incarichi da svolgere a casa, con le persone che li circondano. Tramite gli esercizi della seconda seduta, i genitori sperimentano come ci si sente quando i propri genitori litigano osi ignorano a vicenda. Viene ripetutamente detto loro che tutte le liti feriscono i figli, ma i litigi non diminuiscono fintanto che si ritiene l’altro genitore responsabile. Ciò significa che dobbiamo pensare ad altri modi di affrontare la questione. Un esempio è quello di proporre un gioco di ruolo in cui ogni genitore rappresenta l'altro, scambiandosi i ruoli tra coloro che accusano e coloro che vengono accusati. Infine, si chiede ai genitori di immaginarsi come un bambino o come un ragazzo della stessa età dei loro figli. Chiediamo a questi genitori che si trovano nella posizione di bambini in mezzo al conflitto dei genitori, di immedesimarsi fisicamente, sperimentare le sensazioni corporee. Spesso al termine di questa attività i genitori diventano molto silenziosi. Nella seduta di valutazione alla fine del programma, molti genitori ci dicono che l'esercizio è stata un'esperienza terribile ma potente, che ha comportato un cambiamento e che dovremmo farlo con tutti i gruppi. Vengono affrontati anche il dolore e il trauma dei genitori. Gran parte del comportamento litigioso può infatti essere visto come una reazione al trauma. Una terza seduta è dedicata alle storie del

sensazione di impotenza dei genitori, senza essere eccessivamente speranzosi. Quando qualcosa non va bene all'interno del gruppo sono i terapeuti stessi a chiedere in che cosa si è sbagliato. Questa posizione di un terapeuta alla ricerca di supporto, come qualcuno che è coinvolto e vuole cambiare, è in contrasto con le dinamiche di un divorzio ad alta conflittualità. I terapeuti non controllano e non sanzionano i genitori, ma gli ricordano le loro responsabilità e a loro volta si assumono le loro responsabilità.

  1. Il secondo fondamento si riferisce alla comunità e al lavoro di gruppo. Si è scelto di lavorare in gruppo perché i processi di cambiamento spesso esitano nello stallo quando si lavora con le singole famiglie. Il gruppo, quindi, forma una comunità di lavoro che si sforza di migliorare la situazione per tutti. In un gruppo i genitori imparano gli uni dagli altri e i figli beneficiano del sostegno dei coetanei. A loro volta i terapeuti lavorano in equipe, imparando l'uno dall'altro e sostenendosi a vicenda.
  2. Il terzo fondamento riguarda i figli, essi sono centrali nel programma. Essere in contatto con i figli implica anche essere in contatto con i genitori, la famiglia e il network.
  3. Il quarto fondamento è collegato al processo di cambiamento desiderato per far diminuire lo stress e i conflitti essenziale che i genitori, figli e terapeuti possono lasciarsi andare. Si deve quindi abbandonare l’illusione del controllo e dell'esistenza di una verità assoluta. I genitori che rimangono coinvolti nei conflitti non si separano. Un divorzio litigioso è un divorzio fallito e in cui non è stato completato il passaggio dalla vecchia situazione a quella nuova. Il lasciare andare è anche connesso con la capacità di tollerare l’ambivalenza. A volte i figli riescono a prendere le distanze dalla battaglia che è in corso tra i loro genitori e accettare le loro differenze. Di solito si tratta dei figli più grandi.
  4. Quinto fondamento riguarda la prevenzione dei modelli comunicativi distruttivi di attacco e difesa, in cui sono coinvolti questi genitori, modelli in cui tutti possono essere coinvolti. I terapeuti riconoscono e riducono tali modelli comunicativi, connettendoli alla vulnerabilità e al dolore. Genitori, figli e terapeuta lavorano insieme per regolare le emozioni. Infatti, anche i professionisti possono sentirsi feriti e l'attenzione per le ferite dei terapeuti è tanto importante quanto l'attenzione per il dolore dei clienti. È una caratteristica di base del programma, quella di riconoscere le reazioni indotte dallo stress nell'altro, in sé stessi e quindi calmarsi.
  5. Il sesto fondamento riguarda il lavoro esperienziale corporeo, è orientato all'azione che si riferisce al nostro presupposto che le parole e l'insight non determinano di per sé il cambiamento. Sperimentare, sentire, vivere, agire, creatività e performance sono fondamentali nello sviluppo di un processo di cambiamento. L’intero essere umano, anche il corpo deve essere coinvolto in tale processo. CAPITOLO 4: PEZZI DI PADRI. RICOMPORRE RUOLI E FUNZIONI DOPO LA FERITA DELDIVORZIO LA TRASFORMAZIONE SOCIALE DELLA FIGURA PATERNA La figura del padre è per larga parte culturalmente condizionata e legata al ruolo assegnatogli dalle diverse epoche. Il padre diventa il rappresentante simbolico dell'autorevolezza della società, dell'istituzione e dei differenti sistemi e organizzazioni sociali. È opinione condivisa che l'uccisione simbolica del padre e la sua conseguente assenza sia diventata una malattia epidemica della società contemporanea, in cui la sua assenza è direttamente proporzionale alla sua ricerca. A ciò si aggiunga che i ruoli di padre e madre sono ancora in balia di una forte radicalizzazione dettata dalla natura. Ma vi è differenza tra il maschile in quanto identità di genere e il padre quale funzione. Un dato

confortante, a conferma dei cambiamenti in corso, riguarda il coinvolgimento attivo dei padri. Per esempio, la loro presenza nell'iter della gravidanza, dalla partecipazione ai corsi di preparazione al parto, fino alla presenza al momento della nascita stessa. LA VIDEO-INTERVISTA PADRINMENTE: DAR VOCE AL PADRE Si tratta di un'intervista di circa un'ora con 15 padri che raccontano la loro storia. L'età media di cinquant'anni e le condizioni socioeconomiche e culturali sono differenti. Vengono sottoposte 5 domande formulate con l'intento di esplorare le principali aree che caratterizzano la storia di vita dei padri che si trovano in situazioni di separazione. Le aree riguardano i processi di trasmissione multigenerazionale, gli aspetti istituzionali e giuridici, la discrepanza tra il piano della coniugalità e della genitorialità e gli aspetti simbolici connessi all'evento separativo.  Durante o dopo la separazione, ci sono stati dei momenti con suo figlio che le hanno ricordato il rapporto con suo padre? La trasmissione intergenerazionale dei valori e degli stili educativi, all'interno di una famiglia è un processo di ripetizione intenzionale e involontaria di comportamenti e modelli ricevuti nel corso delle generazioni. Il rispecchiamento intergenerazionale degli intervistati riguarda in prevalenza le funzioni economiche, ciò nonostante, la maggior parte riferisce di essere riuscito a trovare la possibilità di identificare un modo diverso di essere padre attraverso la creazione di nuovi codici che passano attraverso l'affetto e la condivisione.  Quanto gli aspetti giudiziari hanno condizionato il suo sentirsi padre? Dal momento in cui la conclusione di un legame affettivo viene sancita ufficialmente dal Tribunale, si è obbligati a rimanere legalmente uniti dal vincolo matrimoniale ancora per tre lunghi anni prima che si giunga alla sentenza di divorzio. Un padre che si separa diviene generalmente padre biologico, termine utile a differenziarlo dall'ipotetico nuovo compagno della ex moglie. Gli avvocati nel ruolo di secondi dei combattenti potrebbero svolgere una funzione importante di mediazione; invece, più spesso sposano il risentimento e rancore del coniuge, mostrandosi battaglieri come vuole la tradizione forense. La difficile attuazione della legge 54/ 2006 è stata tra le motivazioni che hanno condotto alla creazione di una comunità di padri che si sono avvalsi della potenza aggregativa del gruppo per far sentire voce e diritti attraverso la costituzione di associazioni ad hoc. Solo cinque su quindici padri hanno contattato un centro di mediazione sotto indicazione di un legale, un consulente tecnico di ufficio o un operatore sociale.  Si può diventare ex coniuge ma non ex genitore: facile solo a parole? È un grave errore confondere la fine del legame di coppia con la morte del legame medesimo, per questo occorre considerare la qualità dei legami precedenti divorzio e le risorse presenti o meno negli stessi. È facile solo a parole, stando alle risposte dei papà incontrati, tutti consapevoli del rischio insito nella guerra tra ex coniugi. È una conflittualità che compromette la funzione genitoriale al punto che non è raro che un genitore non riesca ad accettare che l’altro mantenga il suo ruolo. Dall'analisi delle risposte emerge spesso l'utilizzo e la triangolazione dei figli post separazione, se il genitore ostacolante ha forti difficoltà ad accettare il fallimento dell'unione coniugale e interpreta la separazione come abbandono, l'interruzione dei rapporti del figlio con l'altro genitore sarebbe un modo per sostenere questa tesi. C'è da chiedersi quanto le madri siano consapevoli di porsi spesso in modo il riflesso come regolatori del rapporto padre figli, impedendo un avvicinamento intimo effettivo tra i due, soprattutto nel periodo adolescenziale.

CAPITOLO 5: LA TERAPIA DEL DIVORZIO BLOCCATO

LA FINE DI TUTTO

Con la separazione, i legami familiari su cui la coppia aveva fondato la propria esistenza, il suo progetto di vita e le proprie condizioni materiali si alterano completamente. Il processo di adattamento psicologico alle nuove condizioni di vita ha tempi e caratteristiche diverse per ciascuno dei due partner. Ha poca rilevanza, chi dei due membri della coppia ha provocato la rottura del legame: con la fine del matrimonio per tutti e due crolla miseramente il proprio progetto di vita. Dopo un primissimo stadio in cui può prevalere la negazione della decisione e dell'evento nello stato di sconcerto, arriva l'incredulità rispetto a ciò che sta accadendo. Questo stato caratterizza la prima fase e può manifestarsi persino con un'apparente indifferenza. Successivamente, di fronte all'ineluttabilità degli eventi, l’emozione prevalente è quella della rabbia per la frustrazione subita, per la sensazione di essere stati ingannati e per il dolore percepito. Infine, arriva la tristezza che si lega al sentimento di solitudine e di sconforto che la separazione determina. È soltanto con lo scorrere del tempo che queste emozioni tendono a manifestarsi sempre più simultaneamente e diminuiscono di profondità. Anche per quanto riguarda i bambini, la separazione coniugale li mette improvvisamente di fronte a una grave perdita. Disorientati per la perdita delle loro certezze, i bambini vivono la tristezza per qualcosa che c'era prima e ora non c'è più. Provano rabbia per via dell'impotenza che sperimentano in tale situazione e attribuiscono spesso a sé stessi la colpa dell'accaduto. Nel nobile intento di proteggerli, sovente i genitori evitano di coinvolgere i bambini su quanto sta accadendo, non sentono di essere in grado di parlare loro con chiarezza rassicurante. I figli spaventati e soli, restano così inascoltati e non hanno scampo. Potranno lasciarsi catturare dal partner vittima, trasformando sé stessi in un oggetto consolatore e compensatorio, oppure si lasceranno usare indiscriminatamente dai genitori l'uno contro l'altro, ciascuno per la propria vendetta personale. Gli adolescenti di fronte al divorzio dei genitori si trovano a dover affrontare difficoltà, semmai ancor più marcate. I vissuti di incertezza dell'adolescente rispetto a ciò che sta accadendo sono diversi, da quelli di un bambino. I ragazzi capiscono ben presto la gravità delle liti e hanno spesso intuizioni sullo stato della relazione genitoriale molto più nitide degli adulti stessi. Tuttavia, non attribuiscono più a sé stessi la responsabilità della separazione e non vivono l’esperienza come abbandonica in senso stretto. Con l'adolescenza la genitorialità assume funzioni diverse: le questioni legate al cambiamento della relazione con i genitori sono basilari nel processo di crescita e di definizione del sé dei giovani figli. Per integrare il cambiamento il ragazzo ha bisogno che la famiglia gli mandi un'immagine disabilità e continuità con il passato, ma al tempo stesso sia capace di valorizzare il nuovo. Può reagire in due modi: o in modo depressivo o in modo aggressivo. IL LUTTO AMBIGUO DEL DIVORZIO Più che un evento sconcertante, il divorzio è un processo emotivo della famiglia ad andamento altalenante che si sviluppa nel tempo familiare e che presenta picchi di tensione rintracciabili in concomitanza con diverse circostanze. La tensione altissima dei primi istanti, quelli che attengono la decisione di separarsi e divorziare, ha di nuovo un picco quando la decisione viene annunciata, la famiglia e gli amici, poi ancora quando vengono discussi accordi economici, l'affidamento dei figli e i piani di frequentazione con il genitore non convivente. C'è poi il momento forte del distacco fisico, a cui seguirà quello della separazione legale e del successivo divorzio. Ma non finisce qui, la tensione si riaccenderà con il sorgere di problemi riguardanti il denaro o i figli, le lauree dei figli, i loro matrimoni o se si ammalano. E di nuovo quando gli ex coniugi si risposano, traslocano, si ammalano o muoiono. Le emozioni che scaturiscono durante questo processo sono di varia natura e si riferiscono

principalmente alla lenta elaborazione del divorzio emozionale. Perché tale processo si compia, ogni partners deve poter ritirare le proprie speranze, i sogni, i progetti e le aspettative che aveva investito nel coniuge e nel matrimonio, elaborandone la perdita. Il ciclo di elaborazione del lutto relativo al divorzio è lungo e difficile per molte coppie. È un lutto ambiguo, quello del divorzio, un evento che comporta per i diversi membri familiari una perdita importante ma non irreversibile come la morte. Il lutto del divorzio è diverso da quello della scomparsa di un coniuge. Se quest'ultimo divide il tempo esattamente in prima e un dopo e prevedono elaborazione una volta per tutte nel lutto del divorzio, l’altro del legame è vivente e si muove nella vita degli affetti condivisi. L'elaborazione del divorzio non è un passaggio individuale, ma è un passaggio a due. LA SINDROME DEL CRICETO: IL DIVORZIO BLOCCATO Diversi autori individuano nella mancata separazione psichica dall'ex coniuge il fattore più importante tra quelli in grado di impedire i legami familiari, di continuare a svilupparsi con successo a seguito del divorzio. Quando un divorzio si blocca, il tempo evolutivo si ferma la competizione, l'inclusività tra ex coniugi dal luogo a un impoverimento relazionale e alla strumentalizzazione dei figli. Il timore del cambiamento, il terrore di perdersi la disperazione o la solitudine diventano un'ossessione che si trasforma quotidianamente in una lotta continua per il mantenimento del legame a qualunque costo. Nasce così il legame disperante: il rapporto non può essere mantenuto in vita perché è distruttivo, ma spezzarlo comporterebbe una profonda angoscia che non può essere affrontata perché è troppo dolorosa. L'altro è considerato il male a cui vanno attribuite tutte le colpe, anche quelle personali. Ed è proprio secondo questa logica che si alimenta il desiderio di distruggerlo con ogni mezzo. Come un criceto, ciascun partner ha la sua ruota e il suo padrone: il suo o la sua ex. Il comportamento è motivato unicamente dal bisogno di esistere nella vita dell'altro e comunicargli la propria emozione prevalente che non riesce ad essere elaborata. e a trasformarsi. La paura paralizza la tristezza, deprime la rabbia cieca e nella nebbia del conflitto e del dolore, gli ex coniugi non vedono altro che il proprio padrone, ma soprattutto non vedono la sofferenza che il loro comportamento produce intorno a loro, neanche quella dei figli. FATTORI PROTETTIVI E DI RISCHIO NELL’ELABORAZIONE PSICHICA DEL DIVORZIO Per valutare i fattori di rischio di un arresto dell'elaborazione psichica del divorzio, è fondamentale rintracciare le valenze del matrimonio alla luce della maturità personale che i coniugi avevano raggiunto nel proprio percorso evolutivo quando si sono scelti e uniti. I tempi e le modalità di elaborazione sono strettamente correlati alle aspettative che ciascuno dei coniugi aveva riposto nel matrimonio. Nei primi tempi di una storia d'amore, il patto intimo che tiene unita la coppia è quasi sempre funzionale. Tuttavia, il patto intimo iniziale può ritenersi realmente funzionale soltanto quando è sufficientemente flessibile per modificarsi in funzione dei bisogni evolutivi che cambiano nel tempo, garantendo la continuità dello scambio all'interno della relazione. Tutto dipende dal livello di maturazione individuale che i due hanno raggiunto, dal livello di flessibilità e quindi di elaborazione del mito familiare dei mandati che ne conseguono. Col passare del tempo, il patto intimo iniziale riesce a rinnovarsi, quindi a perpetuare lo scambio all'interno della relazione. In altre coppie, invece, nonostante lo scambio dei partners abbia avuto luogo nell'evoluzione dei bisogni di ciascuno dei due, il patto intimo non riesce a rinnovarsi e l'intesa sembra essersi consumata. Ci sono infine situazioni in cui il patto intimo non riesce a trasformarsi, da quello iniziale, che vedeva richieste

fondamentali su cui si basa il modello terapeutico multigenerazionale è che il problema di un figlio sia sempre un problema familiare e che per aiutare un bambino, un'adolescente, sia necessario coinvolgere la famiglia in terapia. Il divorzio è una faccenda familiare a tutti gli effetti e i figli hanno bisogno di sentire che, nonostante la separazione, loro non perderanno un pezzo di famiglia. GLI OBIETTIVI TERAPEUTICI NEL DIVORZIO BLOCCATO: DAI FIGLI ALLA COPPIA Gli obiettivi terapeutici auspicabili sono essenzialmente due: l'elaborazione della perdita da parte dei coniugi e la riattivazione della competenza genitoriale. L'ordine non è casuale, infatti sono due obiettivi strettamente connessi tra loro, ove il raggiungimento del secondo può più facilmente avvenire una volta avviato il conseguimento del primo. La conflittualità persistente negli anni tra i due coniugi ha in fondo una finalità protettiva rispetto al dover affrontare il dolore della perdita. Pur di non affrontare quel tipo di sofferenza, alcune persone sono disposte a farsi del male anche per tutta la vita. E quindi questo è il nocciolo del problema. Prima il Terapeuta riesce a legarsi alla sofferenza profonda degli ex coniugi e ad andare così a diradare la nebbia del conflitto che offusca loro la vista, e prima permette loro di riacquisire la lucidità. Lo sblocco del processo di elaborazione psichica del divorzio in realtà è già qui: quando la nebbia protettiva si dissolve, la pena dei figli si materializza automaticamente e la competenza genitoriale inizia a riattivarsi. Il processo contrario, a volte è inevitabile, ma sicuramente più complesso. Partire dalla responsabilità genitoriale richiama i genitori alla razionalità, come se il comportamento potesse essere indipendente dallo stato emotivo che invece lo muove. L'ascolto dei figli abbasserà la conflittualità della coppia, ma il cambiamento nei genitori, che pure avverrà, sarà dettato da rimorsi e sensi di colpa, non verrà dal profondo e quindi i rischi che non sia definitivo sono più alti. Perché ci sia una crescita reale della persona nei genitori bisognerà toccare la loro sofferenza più intima, connessa al fallimento coniugale e non soltanto quella derivante dalla percezione di una genitorialità inadeguata. I figli saranno quindi i mediatori intergenerazionali. Non sempre tutto ciò è possibile, soprattutto quando siamo in presenza di un blocco dell'elaborazione psichica da parte di uno o entrambi i coniugi, nella fase iniziale della negazione. In questi casi si possono ottenere risultati soddisfacenti sulla genitorialità. QUANDO LA COPPIA ARRIVA DA SOLA Due coniugi bloccati in un conflitto da diversi anni e che si trovano nella stessa stanza per cercare di risolvere un problema che li riguarda entrambi non hanno molte speranze di trovare una collaborazione da parte dell'altro. Semmai si presentano con l'intento di tirare il terapeuta ciascuno dalla propria parte, per crocifiggere l'altro di fronte alle evidenti sue responsabilità sul malessere dei figli. Molto di quanto il terapeuta potrà fare in seduta dipende più da sé stesso che dalle circostanze reali. Se il terapeuta crede che sia veramente utile ciò che propone ai clienti, le possibilità di essere ascoltato aumentano notevolmente. La coppia da sola al primo incontro è una grande opportunità per il terapeuta, perché può permettergli di rischiare andando immediatamente là dove vuole andare. Ciò che interessa è rintracciare l'insieme di aspettative, paure, finzioni che ha caratterizzato la fase di innamoramento delle coppie e come il patto intimo si sia sviluppato nell'arco del tempo per arrivare all'inevitabile delusione finale.

CAPITOLO 6: FIGLI ADULTI DI DIVORZI OSTILI

Sono ormai innumerevoli gli studi e le ricerche in campo nazionale internazionale che hanno dimostrato gli effetti a breve e a lungo termine della separazione coniugale e del divorzio, intesi non come accadimenti circoscritti e puntuali, bensì come una serie di transizioni ed eventi che possono anche distribuirsi in un lungo arco di tempo. Ciò implica che tutti i componenti della famiglia possono ritrovarsi, a differente titolo e già prima del divorzio, in uno stato d’animo e in un’atmosfera che permeano le relazioni, caratterizzati da incertezza, insoddisfazione, sofferenza, conflitto e difficoltà nella comunicazione. Wallerstein e coll. nei loro ampi studi longitudinali e Amato nelle sue metanalisi hanno contribuito a individuare i più frequenti esiti per i figli: problemi comportamentali in ambito relazionale e sociale, difficoltà nell'area affettiva, problemi internalizzati ed esternalizzanti in successo scolastico e lavorativo, difficoltà nelle relazioni intime, conflitti nelle relazioni familiari e di coppia, salute mentale precaria. Le teorie utilizzate per comprendere la relazione tra il benessere dei figli e il divorzio genitoriale sono molteplici, a cominciare dalla teoria sistemico-relazionale, quella del family stress, quella dell’apprendimento sociale e la teoria dell’attaccamento, dalle quali emergono nuove declinazioni di vecchi concetti ormai fortemente legati all’esperienza del divorzio, quali stress, coping, rischio e resilienza. Intorno agli anni ’90, nell’ambito delle riflessioni e dei dibattiti sui maltrattamenti e gli abusi all'infanzia è stata introdotta la nozione di esperienze sfavorevoli infantili (ACEs) per definire l'insieme di esperienze che un bambino può sperimentare nel corso dell'infanzia e che hanno un impatto significativo sul suo percorso di vita; tra le esperienze sfavorevoli infantili indirette si situa proprio il divorzio coniugale. CONFLITTO CONIUGALE E DIVORZIO OSTILE In una prima generazione di ricerche è stato focalizzato e ampiamente dimostrato il legame tra un conflitto caratterizzato da alta intensità e frequenza e i cosiddetti adjustment problems nei figli, distinti in internalizzanti ed esternalizzanti. In una seconda generazione di ricerche sono stati invece individuati i meccanismi alla base di tale associazione con la distinzione tra legame diretto e indiretto, quindi mediato da altri fattori. La scoperta che in alcune famiglie divorziate il livello di gravità delle problematiche dei figli era generalmente più basso di quello riscontrato in famiglie integre ma con un alto conflitto coniugale, ha portato gli studiosi a spostare la loro attenzione dalla separazione in quanto tale all'impatto di tutto ciò che precede, accompagna e segue l'evento stesso. È’ proprio l’interazione tra il divorzio e l’alto livello di conflitto tra coniugi prima, durante e dopo la separazione a costituire il fattore maggiormente interveniente nel determinare gli esiti per i figli. Il conflitto di lealtà nel quale essi si ritrovano è spesso irrisolvibile, considerato che qualsiasi movimento verso l’uno o verso l’altro viene inteso come un tradimento imperdonabile. L’aver sperimentato una relazione di coppia parentale conflittuale e fragile e, conseguentemente, l’aver percepito la sofferenza nella coppia che, vista l’assenza di separazione, si è prolungata nel tempo, porta i figli a “proteggersi” limitando l’investimento nelle loro personali relazioni di coppia. INTRAPPOLATI NEL CONFLITTO In alcuni studi gli autori hanno ritenuto opportuno differenziare la relazione con il genitore affidatario e non affidatario individuando traiettorie relazionali differenti. La relazione dei figli con il primo, ancora oggi molto frequentemente la madre, sembra venir rafforzata in un legame di grande vicinanza emotiva e condivisione sin da pochi mesi dopo la separazione; questo intensificarsi del legame