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I riti di passaggio - Studi di antropologia, Guías, Proyectos, Investigaciones de Introducción a Cultura Antropológica

Antropologia culturale, i riti di passaggio.

Tipo: Guías, Proyectos, Investigaciones

2018/2019

Subido el 08/01/2019

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I RITI DI PASSAGGIO
I riti di passaggio sono cerimonie che hanno l’obiettivo di celebrare il passaggio di una persona da
una condiziona sociale a un’altra, o da una fase del ciclo di vita al successivo.
Matrimoni, battesimi, iniziazioni, funerali (culto dei morti), sono tutti riti di passaggio noti che sono
stati praticati sin da tempi dell’antichità da molte società umane in tutto il mondo, a tal punto da
giungere fino alle nostre società moderne ad esistere anche oggi.
Attorno a una definizione di rito
Prima di arrivare a parlare dei riti di passaggio, è importante chiarire innanzi tutto il significato
della parola “rito”.
Secondo Treccani il “rito”, dal latino ritus, «è nato, in origine, da un gesto spontaneo che ha
accompagnato l'esplosione di un desiderio, l'espressione di un bisogno, la paura di un pericolo; e
che, una volta sperimentato efficace, si ripete fedelmente affinché l'effetto si riproduca ancora».
Con la nascita delle religioni il rito ha quindi poi assunto il significato di «norma dell'azione sacra
fissata dalla tradizione religiosa e diretta a intrattenere la comunicazione tra un individuo o un
gruppo umano e la divinità» (ibidem). Secondo Bonaccorso (2011) vi è infatti una «una struttura
comportamentale ritrovabile tanto negli spazi della vita quotidiana priva di espliciti riferimenti
religiosi (i riti profani), quanto negli ambiti della vita improntata a riferimenti esplicitamente
religiosi (i riti sacri). La controprova di questo è costituita dalla diffusa ritualità animale: molte
specie viventi realizzano processi di ritualizzazione, nei quali, ovviamente, non vi sono riferimenti
religiosi». Da una prima analisi, risulta chiaro che nell’esperienza umana vi sono diverse tipologie
e classificazioni di rito a seconda del contesto storico, culturale e sociale e quindi della situazione
comunicativa.
Attorno ai primi anni del Novecento, la pratica di queste funzioni ha suscitato l’interesse di alcune
personalità nell’ambito dell’antropologia umana. Arnold Van Gennep incarna la personalità più
celebre della comunità antropologica che ha investigato in questo campo.
Arnold Van Gennep e Les rites de passage
Nel 1909, Arnold Van Gennep pubblica Les rites de passage, la sua opera più celebre.
Van Gennep è stato un antropologo francese, tra i più noti studiosi di antropologia del Novecento; e
ha dato fondamentali contributi all'analisi dei riti di passaggio, inaugurandone lo studio sistematico
nell'etnografia europea. Secondo l’antropologo «è il fatto stesso di vivere che richiede i passaggi
successivi da una società speciale a un'altra e da una situazione sociale a un'altra: in modo che la
vita individuale consista in una successione di fasi i cui fini e inizi formano insiemi dello stesso
ordine: nascita, pubertà sociale, matrimonio, paternità, progressione di classe, specializzazione
dell'occupazione, morte. E a ciascuno di questi insiemi si riferiscono cerimonie il cui oggetto è
identico: spostare l'individuo da una data situazione ad un'altra situazione altrettanto
determinata» [traduzione a cura del redattore] (Van Gennep, 1909 [1981], p. 13).
Classificazione dei riti
Per prima cosa possiamo suddividere i riti in due categorie: riti simpatici e riti contagiosi. I riti
simpatici poggiano sulla credenza dell’azione del simile sul simile, del contenente sul contenuto.
Questi riti furono studiati dalla scuola animista (Tylor, ecc). Dagli studi di Frazer, Robertson Smith
ecc. nacque la scuola dinamista. Accanto quindi ai riti simpatici e a quelli animisti possiamo trovare
riti dinamisti (impersonali) e riti contagiosi: questi si fondano sulla materialità e sulla
trasmissibilità delle qualità naturali acquisite. Si tratta di quattro categorie distinte ma che possono
raggrupparsi in base agli studi che si effettuano. «Inoltre, un rito può agire direttamente o
indirettamente. Un rito diretto possiede una virtù immediata ed efficiente, senza l'intervento di un
agente autonomo: imprecazione, incantesimo, ecc. Al contrario, il rito indiretto, è una sorta di shock
iniziale, che mette in moto un potere autonomo o personificato, o tutta una serie di poteri di questo
ordine, ad esempio un demone o una classe di geni, o una divinità, che intervengono a beneficio di
colui che ha celebrato il rito: voto, preghiera, culti, nel senso ordinario della parola,
ecc.» (traduzione a cura del redattore) (Van Gennep, 1909 [1981], p. 17). Infine possono esserci riti
positivi, che sono volizioni tradotte in azioni, o riti negativi. Quest’ultimi sono comunemente
chiamati tabù. È difficile distinguere se un rito è essenzialmente animista o dinamista o se il
trasferimento di una malattia ha per oggetto il trasferimento in quanto qualità oppure l’espulsione
Fabris Clarissa
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I RITI DI PASSAGGIO

I riti di passaggio sono cerimonie che hanno l’obiettivo di celebrare il passaggio di una persona da una condiziona sociale a un’altra, o da una fase del ciclo di vita al successivo. Matrimoni, battesimi, iniziazioni, funerali (culto dei morti), sono tutti riti di passaggio noti che sono stati praticati sin da tempi dell’antichità da molte società umane in tutto il mondo, a tal punto da giungere fino alle nostre società moderne ad esistere anche oggi. Attorno a una definizione di rito Prima di arrivare a parlare dei riti di passaggio, è importante chiarire innanzi tutto il significato della parola “rito”. Secondo Treccani il “rito”, dal latino ritus , «è nato, in origine, da un gesto spontaneo che ha accompagnato l'esplosione di un desiderio, l'espressione di un bisogno, la paura di un pericolo; e che, una volta sperimentato efficace, si ripete fedelmente affinché l'effetto si riproduca ancora». Con la nascita delle religioni il rito ha quindi poi assunto il significato di «norma dell'azione sacra fissata dalla tradizione religiosa e diretta a intrattenere la comunicazione tra un individuo o un gruppo umano e la divinità» ( ibidem ). Secondo Bonaccorso (2011) vi è infatti una «una struttura comportamentale ritrovabile tanto negli spazi della vita quotidiana priva di espliciti riferimenti religiosi (i riti profani), quanto negli ambiti della vita improntata a riferimenti esplicitamente religiosi (i riti sacri). La controprova di questo è costituita dalla diffusa ritualità animale: molte specie viventi realizzano processi di ritualizzazione, nei quali, ovviamente, non vi sono riferimenti religiosi». Da una prima analisi, risulta chiaro che nell’esperienza umana vi sono diverse tipologie e classificazioni di rito a seconda del contesto storico, culturale e sociale e quindi della situazione comunicativa.

Attorno ai primi anni del Novecento, la pratica di queste funzioni ha suscitato l’interesse di alcune personalità nell’ambito dell’antropologia umana. Arnold Van Gennep incarna la personalità più celebre della comunità antropologica che ha investigato in questo campo. Arnold Van Gennep e Les rites de passage Nel 1909, Arnold Van Gennep pubblica Les rites de passage , la sua opera più celebre. Van Gennep è stato un antropologo francese, tra i più noti studiosi di antropologia del Novecento; e ha dato fondamentali contributi all'analisi dei riti di passaggio, inaugurandone lo studio sistematico nell'etnografia europea. Secondo l’antropologo «è il fatto stesso di vivere che richiede i passaggi successivi da una società speciale a un'altra e da una situazione sociale a un'altra: in modo che la vita individuale consista in una successione di fasi i cui fini e inizi formano insiemi dello stesso ordine: nascita, pubertà sociale, matrimonio, paternità, progressione di classe, specializzazione dell'occupazione, morte. E a ciascuno di questi insiemi si riferiscono cerimonie il cui oggetto è identico: spostare l'individuo da una data situazione ad un'altra situazione altrettanto determinata» [traduzione a cura del redattore] (Van Gennep, 1909 [1981], p. 13). Classificazione dei riti Per prima cosa possiamo suddividere i riti in due categorie: riti simpatici e riti contagiosi. I riti simpatici poggiano sulla credenza dell’azione del simile sul simile, del contenente sul contenuto. Questi riti furono studiati dalla scuola animista (Tylor, ecc). Dagli studi di Frazer, Robertson Smith ecc. nacque la scuola dinamista. Accanto quindi ai riti simpatici e a quelli animisti possiamo trovare riti dinamisti (impersonali) e riti contagiosi : questi si fondano sulla materialità e sulla trasmissibilità delle qualità naturali acquisite. Si tratta di quattro categorie distinte ma che possono raggrupparsi in base agli studi che si effettuano. «Inoltre, un rito può agire direttamente o indirettamente. Un rito diretto possiede una virtù immediata ed efficiente, senza l'intervento di un agente autonomo: imprecazione, incantesimo, ecc. Al contrario, il rito indiretto, è una sorta di shock iniziale, che mette in moto un potere autonomo o personificato, o tutta una serie di poteri di questo ordine, ad esempio un demone o una classe di geni, o una divinità, che intervengono a beneficio di colui che ha celebrato il rito: voto, preghiera, culti, nel senso ordinario della parola, ecc.» (traduzione a cura del redattore) (Van Gennep, 1909 [1981], p. 17). Infine possono esserci riti positivi , che sono volizioni tradotte in azioni, o riti negativi. Quest’ultimi sono comunemente chiamati tabù. È difficile distinguere se un rito è essenzialmente animista o dinamista o se il trasferimento di una malattia ha per oggetto il trasferimento in quanto qualità oppure l’espulsione

personificata di un demone. I riti sono dunque classificati più per le somiglianze formali che per i loro meccanismi. Separazione, margine, aggregazione Nel suo libro Van Gennep si propone di raggruppare tutte le sequenze cerimoniali che accompagnano il passaggio da una situazione all'altra e da un mondo (cosmico o sociale) ad un altro. L’antropologo scoprì che molti riti di passaggio comprendevano tre fasi. Se, quindi, lo schema completo dei riti di passaggio include teoricamente riti preliminari ( separazione ), riti liminari ( margine ) e post-liminali ( aggregazione ), è necessario che nella pratica ci sia un'equivalenza dei tre gruppi, vale a dire per la loro importanza, sia per il loro grado di elaborazione. Queste tre categorie non sono ugualmente sviluppate nella stessa popolazione o nello stesso insieme cerimoniale. I riti di separazione sono più frequenti nelle cerimonie dei funerali, i riti di aggregazione in quelli del matrimonio; come al margine di riti, possono essere una sezione importante, per esempio durante la gravidanza, il fidanzamento, l'iniziazione, o essere ridotti al minimo all'adozione, la seconda nascita, nuovo matrimonio, il passaggio dalla seconda alla terza classe di età, ecc. La separazione avviene al sopraggiungere di una morte, per esempio, prima che si celebri il funerale vero e proprio, vi sono riti (come l’Estrema unzione o la veglia funebre) che segnalano il distacco, la separazione del defunto dalla comunità dei viventi. La seconda fase margine o liminare (dal latino limen, ovvero soglia, passaggio) è il periodo del lutto con i suoi riti e le sue particolarità (vestirsi in un certo modo, evitare alcuni cibi), un po’ come una soglia o una porta che separa due mondi, quello dei vivi e quello dei defunti o antenati. Anche la gravidanza e il fidanzamento sono altri due esempi di fasi liminari. La fase liminare è un

momento particolarmente delicato perché la persona che la attraversa vive una situazione di sospensione dalla vita normale, quotidiana. Infine, la terza fase detta aggregazione può essere per esempio il funerale che celebra l’ingresso del defunto nel mondo dei morti, le nozze celebrano il definitivo passaggio della persona al mondo degli adulti e la costituzione di una nuova famiglia. Alcuni esempi di riti Al rito della nascita si associano diverse funzioni: una separazione dal grembo materno, che può avvenire recidendo il cordone ombelicale oppure posando il bambino in terra o facendogli superare qualche ostacolo; un margine espresso con abluzioni, legatura con filo rosso, oggetti contro il malocchio appesi al collo del neonato; un'aggregazione al gruppo familiare o sociale che si esprime con l'imposizione del nome e il riconoscimento ufficiale da parte del padre di famiglia, ecc. I riti nuziali comprendono: la separazione della sposa dalle sue compagne e dalla sua religione familiare; il margine è rappresentato da riti contro l’influenza maligna eseguiti disgiuntamente sullo sposo e sulla sposa; l'aggregazione viene simboleggiata dall'ingresso solenne della sposa nella casa dello sposo e il banchetto nuziale, prima dell'ingresso nel talamo. I riti funebri comprendono la separazione del morto dai vivi della sua famiglia e di questi dal resto del gruppo sociale; il margine o periodo del lutto (con vesti dimesse, di colore speciale e astensione da feste, ecc.), l'aggregazione del morto all'oltretomba (con la seconda sepoltura, dopo lo scarnimento delle ossa), e la riaggregazione dei superstiti al gruppo sociale (cessazione del lutto, possibilità alla vedova di rimaritarsi, ecc.). Altro rito interessante è il rito del limite che fa riferimento al momento in cui, all’oltrepassare il limite di un territorio o la soglia di un edificio, occorre fare uso di appositi riti di margine che annullino il divieto di accesso allo straniero. Nell’antica Roma, infatti, i feziali erano consueti a portare con sé all’occorrenza una zolla di verbena, pianta apotropaica, la quale veniva utilizzata accompagnata appositi scongiuri alla porta della città e sulla piazza principale nel momento in cui si valicavano i limiti del territorio nemico. In genere, esisteva una zona di margine fra due territori appartenenti a due popoli diversi, che serviva a preparare i riti di aggregazione. La funzione di aggregazione si svolgeva per mezzo di sacrificio seguito da riti simbolici di alleanza: scambio di doni, o del sangue, legatura con la medesima corda, posare insieme i piedi sul focolare, ecc. Grazie a queste cerimonie lo straniero può finalmente diventare ospite.

Bibliografia

Bonaccorso, G. (2011, 01 15). Il rito nella vita umana e nell'esperienza religiosa. Tratto da Note di

Pastorale Giovanile: http://notedipastoralegiovanile.it/index.php?

option=com_content&view=article&id=1216:il-rito-nella-vita-umana-e-nellesperienza-

religiosa&catid=170:questioni-liturgiche

Riti di passaggio. (s.d.). Tratto da Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Rito_di_passaggio

Turchi, N. (s.d.). Il rito, Enciclopedia Italiana (1936). Tratto da Enciclopedia Treccani: http://

www.treccani.it/enciclopedia/rito_%28Enciclopedia-Italiana%29/

Van Gennep, A. (1909 [1981]). Les rites de passages. Parigi: Éditions A. et J. Picard.