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Bonapartismo appunti per studiare
Tipo: Resúmenes
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Il bonapartismo Il bonapartismo è una categoria che risale a Marx proprio per descrivere gli avvenimenti del 48 francese e l’ascesa al potere di Napoleone III e la forma di potere che quest’ultimo costruisce attorno a sé. Che cos’è il bonapartismo? Il bonapartismo è una forma di potere ed è una deriva autoritaria all’interno di un quadro politico istituzionale di tipo rappresentativo parlamentare. Si tratta di un potere incentrato su una persona, verticistico ma non è semplicemente un potere personale. Si sviluppa all’interno di un sistema parlamentare in cui il vertice del potere ha bisogno del consenso, instaura un rapporto diretto con la base sociale, con le masse, con i cittadini. C’è questo rapporto diretto tra il leader e una massa che è puramente passiva, che è continuamente oggetto dell’azione politica, che la subisce. È una massa che viene manipolata dall’alto. È presente infatti il plebiscito che non è una vera espressione di libertà, perché non viene mai bocciato. Non si decide dall’alto e basta, si decide dall’alto e poi si chiede il consenso con un plebiscito. In questo rapporto vertice-massa, non esistono momenti intermedi. Questa massa non è organizzata in strutture autonome, in partiti: la politica è solo questo rapporto diretto base-vertice. La politica di Napoleone III è fatta soprattutto di carisma personale, non tanto sui contenuti che questa persona esprime. Un tema fondamentale è il nazionalismo: l’idea secondo cui la Francia può ritornare ad essere una grandissima potenza. L’esercito è un altro elemento importante di questo potere: Marx dice che è un potere che si basa sulla spada. La fine di Napoleone III è data proprio da una sconfitta militare. Questa categoria può essere valida anche per noi, per interpretare la nostra politica? L’elemento esercito non può essere valida anche per noi. Ma quest’idea di una massa passiva, di un rapporto diretto tra i capi politici e una base sociale, possiamo rispecchiarla in una certa misura al nostro presente. I partiti di adesso sono diversi ad esempio di quelli di 30 anni fa. I partiti di massa una volta non esistevano soltanto nelle trasmissioni televisive ma esistevano circoli e una rete di associazioni, in cui si discuteva. La famiglia La trasformazione fondamentale che riguarda questo periodo storico è la trasformazione dalla famiglia allargata alla famiglia nucleare (composta da un nucleo: i coniugi e i figli). La famiglia è allargata perché è composta da più nuclei famigliari. La famiglia allargata è una famiglia tipicamente feudale. È una famiglia di contadini che era centro di produzione e centro di consumo (aveva una sua funzione economica) perché aveva una terra che coltivava, spesso venivano realizzati dei lavori manuali a casa e quindi si produceva ciò che poi si consumava all’interno di questa famiglia allargata. Da un punto di vista più complessivo, aveva il ruolo di formazione delle conoscenze, delle competenze, di formazione della persona. Quando nasce la famiglia nucleare? Una tesi che è stata accettata per lungo tempo e che è stata contestata solo a partire dagli anni 70 del 900 era questa: la famiglia nucleare nasce come effetto dell’industrializzazione. Questa tesi in seguito è stata correttamente smentita perché uno dei fenomeni della prima fase dell’industrializzazione è il ritorno alla famiglia allargata. Questo processo invece ha inizio tra il sedicesimo/diciassettesimo secolo e arriva a compimento quasi da tutte le parti nel 19esimo secolo. Probabilmente in questa trasformazione gioca anche un ruolo la riforma protestante, e la controriforma. Perché nel concilio di Trento il tema della famiglia è un tema centrale.
E qui è presente la famiglia come famiglia nucleare. Il processo quindi ha inizio in questa fase ed é quindi un processo che si snoda attorno a due trasformazioni fondamentali: da una parte la transizione dal feudalesimo al capitalismo (perché la famiglia allargata é una istituzione perfettamente omogenea) e dall’altra la nascita e l’affermazione degli Stati moderni (stato moderno = stato di tipo liberale borghese più o meno democratico, che ha un apparato politico amministrativo estremamente articolato). In questo passaggio segnato dalla nascita dello stato moderno, tutta una serie di competenze che prima erano gestite dalla famiglia ora vengono gestite dallo stato. La formazione e l’educazione dei giovani viene affidata allo stato, non più alla famiglia. L’educazione non si svolge più all’interno della famiglia ma in queste istituzioni dello stato moderno come ad esempio la scuola. Un aspetto curioso appare in maniera evidente se pensiamo al codice civile napoleonico. Il codice civile napoleonico riproduce all’interno della famiglia una struttura gerarchica, anche nel rapporto tra marito e moglie. Il marito è il capofamiglia e la moglie deve obbedienza al marito. La famiglia diventa sempre di più una forma nucleare, la forma famigliare del nascente capitalismo che riproduce al suo interno una dinamica che non è capitalistica, dove si ricoprono dei ruoli perché lo dice la legge o perché ci sono dei ruoli in cui ci si riconosce. Vengono anche ridefiniti i ruoli e le relazioni all’interno della famiglia: si modificano anche i termini delle relazioni tra uomo e donna, genitori e figli. Con la famiglia nucleare si accentua la subordinazione della moglie al marito. Mentre i vincoli di obbedienza dei figli verso i genitori tendono ad allentarsi. I vincoli all’interno della famiglia segnano un arretramento della condizione famigliare e anche sociale della donna. Questo avviene perché ora la famiglia è sempre meno un’unità di produzione e di consumo. Prima nella famiglia allargata non esisteva una rigida, chiara separazione tra il lavoro produttivo (nei campi dell’uomo) e il lavoro improduttivo (la donna si occupava di tutti quei compiti che servivano alla riproduzione della famiglia stessa). Sappiamo anche che la donna svolge spesso anche attività produttive, soprattutto lavori artigianali in casa. Non c’era di fatto una vera distinzione tra il lavoro produttivo dell’uomo e quello riproduttivo della donna, anche perché il lavoro produttivo dell’uomo nei campi era spesso il lavoro di un servo. Ora il quadro è radicalmente mutato. Con il capitalismo si separa il lavoratore dai mezzi di produzione. Si separano i luoghi dell’abitazione da quelli dell’economia. Ora la famiglia non produce più reddito, ricchezza. Questo perché il vero lavoro, il lavoro che viene riconosciuto è solo quello che produce merci, è quello che l’uomo svolge fuori dalla casa ed è il lavoro attraverso il quale ottiene un salario. Abbiamo la svalorizzazione del lavoro improduttivo o riproduttivo che è quello normalmente assegnato alla donna. Solo ora il lavoro femminile non è più vero lavoro. Il vero lavoro è solo quello dell’uomo (vero dal punto di vista economico e sociale). Questo quadro è meno vero per i settori popolari operai, perché per molte famiglie operaie c’era necessità che anche la donna lavorasse, perché un salario non bastava. Questo riguarda soprattutto le famiglie borghesi, in cui la donna deve creare tutte le condizioni per cui l’uomo possa svolgere al meglio il suo lavoro fuori di casa. Nelle famiglie operaie invece un salario non basta e quindi molte donne vanno a lavorare in fabbrica. Se da una parte questo può essere visto come un secondo peso per la donna, dall’altra può essere visto anche come un fattore di emancipazione, le donne partecipano alla vita economica e civile. Quindi la condizione della donna, è migliorata o è peggiorata? Si sono modificati i termini del rapporto tra i sessi. Sono cambiate le modalità di questa subordinazione. Da una parte il lavoro della donna non è più un lavoro socialmente riconosciuto ma è al tempo stesso vero che la donna in questo quadro capitalistico-industrializzato ha comunque la possibilità di uscire di casa, si aprono degli spazi alle donne.